Le opinioni sull’ex presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva possono essere piuttosto contrastanti fra di loro. Da una parte, troviamo persone che riconoscono il grande beneficio delle politiche pubbliche attuate da Lula. Si tratta di coloro che hanno vissuto sulla propria pelle il miglioramento della condizione di vita durante il suo governo. Dall’altra, troviamo quelli che considerano Lula un danno per il paese. Questa dualità ha caratterizzato la vita politica dell’ex presidente in tutto il suo percorso. Tuttavia, la sua rilevanza per la storia del Brasile è innegabile.
Sulle sue fotografie storiche sono dipinti sempre molti volti, mani, abbracci, megafoni. Con i discorsi fatti sul retro di un carro o di un camion, Lula era solito tramandare i suoi pensieri di bocca in bocca, parola per parola, frase per frase. Come in una carovana, il popolo lo seguiva. È l’autenticità della sua comunicazione a contraddistinguerlo. E che non ha perso, nemmeno fino agli ultimissimi momenti prima di arrendersi alla polizia per iniziare a scontare la pena per crimini di corruzione e riciclaggio di denaro di cui era stato accusato. Ha accettato di farlo, ma a modo suo: tra pianti, ringraziamenti, musica e preghiere.
Non ha mai abbandonato la sua lotta politica. Ha continuato ad esprimere i suoi pensieri al mondo là fuori, da dentro la sua cella di 15 metri quadrati, utilizzando carta e penna. Per 580 giorni.
“Non sono più un essere umano. Sono un’idea.” […] “Tutti voi diventerete Lula. Devono sapere che la morte di un combattente non ferma la rivoluzione”
aveva dichiarato prima di costituirsi.
La carriera politica
“Mai prima d’ora nella storia di questo paese” è un’espressione comunemente usata dall’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva per riferirsi ai frutti della sua carriera politica.
Nato nel 1945 in un piccolo municipio dello Stato del Pernambuco, nel nordest del Brasile, da bambino si trasferisce con la madre e i sette fratelli a San Paolo, dove vivono nel retrobottega di un bar.
Operaio metallurgico, si interessa di politica e delle attività sindacali e così, nel 1978 viene eletto presidente del sindacato dei lavoratori dei metalmeccanici. Sono gli anni della dittatura militare e Lula è alla guida dei più importanti scioperi dei lavoratori.
La sua carriera politica inizia nel 1980 quando, in piena dittatura militare, fonda insieme ad un gruppo di professori universitari, dirigenti sindacali ed intellettuali il Partido dos Trabalhadores (PT), un partito di sinistra e con idee progressiste. È proprio con il PT che nel 1986 conquista un seggio al Congresso. Tenta la candidatura alla Presidenza tre volte: nel 1989, 1994 e 1998. Sarà solo alle elezioni del 27 ottobre 2002 che verrà eletto al ballottaggio, con il 61% dei voti, assumendo la carica di Presidente della Repubblica brasiliana il 1º gennaio 2003.
Con la vittoria di Luiz Inácio Lula da Silva per il Brasile inizia una nuova fase politica. Un uomo del nord-est, il “meridione del Brasile”, di origini povere arriva ad occupare la carica più importante dello Stato. Ad attribuirgli la vittoria è sopratutto una parte della popolazione che pretendeva un miglioramento delle condizioni economiche e sociali.
Una nazione in crescita
Il successo di Lula non si riverbera soltanto nelle voci dei suoi sostenitori. A dimostralo, sono i risultati indiscutibili del suo governo, dove la dimensione sociale è andata di pari passo con quella economica.
Si è riscontrato infatti che durante l’amministrazione Lula circa 20 milioni di persone sono state sollevate da condizioni di povertà assoluta. Allo stesso tempo, circa 30 milioni di cittadini hanno potuto entrare a fare parte della nuova classe media brasiliana. Ciò è stato senz’altro possibile grazie al Programma Fome Zero, che aveva come obiettivo contrastare la fame e sradicare l’estrema povertà del paese.
Le iniziative del programma spaziano dalla creazione di cisterne nelle zone più aride, passando per la costruzione di ristoranti popolari, l’istruzione sulle abitudini alimentari, la concessione di microcrediti. Una delle idee più innovative del programma è senz’altro Bolsa Família, un meccanismo di trasferimento monetario alle famiglie più povere.
Questo sistema ha avuto un riconoscimento internazionale non indifferente, in quanto efficace non solo alla riduzione della povertà, ma anche al miglioramento degli indicatori di sviluppo umano. Nel primo mese, Bolsa Família ha servito circa 1,15 milioni di famiglie. Oggi serve più di 14,2 milioni di famiglie, che ricevono in media 178 reais. Il rapporto 2015 del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) indicava una crescita del 10,5% dell’ISU (indice sviluppo umano) brasiliano tra il 2000 e il 2014 – l’indice è passato da 0,683 a 0,755.
L’era Lula è stato il periodo più prospero dell’economia brasiliana negli ultimi tre decenni. Grazie alle trasformazioni sociali ed economiche attuate, il paese ha triplicato il suo PIL procapite, che nel 2010, ultimo anno del governo Lula, è cresciuto del 7.5%. Secondo i dati della Banca Mondiale e del FMI, nel 2011, un anno dopo che Lula ha lasciato la presidenza, il Brasile è arrivato ad occupare la sesta posizione nella classifica globale delle economie misurate dal PIL. Attualmente, il paese occupa la decima posizione.
Alla conclusione dei suoi otto anni di mandato, nel 2010 il tasso di approvazione personale di Lula era del 87%. Un record mondiale tanto che l’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama lo definì “The man” (l’uomo). La stessa politica estera attuata da Lula è stata un successo. In particolare, l’amministrazione ha puntato ad aumentare le relazioni commerciali. Il paese è così diventato una delle nazioni leader del G-20, coordinando i negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) a Cancún, e sviluppando l’unione tra i paesi in via di sviluppo. Nell’era Lula il Brasile è stato un “faro” che ha indicato la via dello sviluppo verso una società più equa e democratica in un mondo politicamente ed economicamente più equilibrato.
La caduta del mito
La definitiva caduta del “mito Lula” inizia nel 2015. La più grande operazione anti-corruzione brasiliana Lava Jato esplode come una bomba nella sua cerchia di relazioni, minandone la popolarità già messa in pericolo a partire dal 2011, quando suoi stretti collaboratori vengono condannati e incarcerati, accusati di coinvolgimento nello scandalo di corruzione del Mensalão.
Nel 2016, viene direttamente coinvolto nelle indagini della Lava Jato. Sospetti di occultamento dei beni, di favoritismo di alcune società e appropriazione indebita di denaro da parte della compagnia petrolifera nazionale Petrobas, iniziano ad influire negativamente sull’immagine del leader del PT. L’accusa più grande è che l’ex presidente avrebbe beneficiato della ristrutturazione di un appartamento “Triplex” nella località balneare Guarujá e di una casa di campagna ad Atibaia, favorendo alcune imprese coinvolte nell’operazione.
Sulla base di queste presunte accuse, il 12 luglio 2017 l’ex giudice Sérgio Moro condanna Lula a 9 anni e 6 mesi di prigione. In un processo a reazione il 24 gennaio 2018, la pena viene estesa a 12 anni e 1 mese di reclusione. Il 5 aprile 2018, viene decretato l’arresto e revocato il diritto politico di Lula, che all’epoca nonostante gli scandali era favorito alla presidenza del Brasile.
Ad ottobre 2018 Jair Bolsonaro viene eletto presidente con 57.796.986 milioni di voti. Ci è riuscito dopo una forte e quotidiana campagna mediatica e senza partecipare a nemmeno un dibattito con il candidato avversario, Fernando Haddad (PT), sostenuto da Lula che si trovava ancora in carcere. La sorpresa per i sostenitori del PT arriva però con la nomina di Sérgio Moro a Ministro della Giustizia del governo Bolsonaro. Sì, lo stesso giudice che mise sotto accusa Lula diventa Ministro della Giustizia.
Quando ormai tutti le accuse contro Lula parevano essere incontestabili, il 9 giugno 2019 il giornale online The Intercept Brasil pubblica un’inchiesta chiamata Vaza Jato. Una fuga di conversazioni effettuate tramite l’applicazione Telegram tra l’ex giudice Sérgio Moro e il procuratore Deltan Dallagnol, oltre ad altri membri della task force Operazione Lava Jato.
Tra tutti, a destare particolare scalpore l’audio in cui Dallagnol afferma di non avere sufficienti prove per accusare l’ex presidente Lula. A sua volta, il giudice Moro risponde che avrebbe ricevuto l’azione penale anche senza prove.
Il 9 novembre 2019, in seguito alla decisione del Tribunale Supremo Federale di considerare incostituzionale l’incarcerazione prima dell’esaurimento di tutti i gradi di giudizio, Lula viene rilasciato, dopo diciotto mesi in prigione.
L’8 marzo 2021 il ministro Edson Fachin, del Tribunale Supremo Federale annulla tutte le accuse nei confronti dell’ex Presidente in relazione all’operazione Lava Jato. Con questa decisione, Lula Da Silva è nuovamente eleggibile.
Il coronamento di questa vicenda pare essere finalmente arrivato, ma lascia comunque molti dubbi e perplessità.
La decisione di Fachin è discutibile e da molti considerata funzionale soltanto a tutelare Sérgio Moro e ripulire un sistema anticorruzione che presenta esso stesso delle ambiguità. Infatti, invece di riconoscere che Moro non poteva giudicare Lula per interesse alla sua condanna, è stata dichiarata nulla per incompetenza territoriale della Giustizia federale di Curitiba, trasmettendo il processo al tribunale del Distretto Federale di Brasília.
Un possibile ritorno?
Secondo l’Istituto Lula, la decisione è giunta “troppo tardi, e dopo aver causato danni irreparabili non solo all’Istituto Lula e all’ex presidente, ma anche al Paese e alla stessa Giustizia.” […] “Moro ha creato una farsa con i pubblici ministeri per criminalizzare l’ex presidente e tenerlo fuori dalle elezioni. È un peccato che il Brasile e la democrazia abbiano pagato un prezzo così alto prima che questa ingiustizia fosse riconosciuta. La verità vincerà”, conclude la nota.
L’esperienza di potere di Lula è caratterizzata da contraddizioni non indifferenti.
Per molti l’arresto è stato un’ingiustizia e con l’annullamento delle condanne, l’operazione Lava Jato vive una sconfitta fatale. Nonostante il processo contro Lula pare essere stato pilotato, la corruzione di molti altri dirigenti del PT è tuttavia evidente, e non può essere negata nemmeno da coloro che lo hanno sempre sostenuto. Di certo, la stessa narrativa secondo cui tutto il governo del PT era una banda corrotta è stata gravemente ferita.
Allo stesso tempo, è sconcertante vedere Lula demonizzato da persone che hanno tratto enormi benefici dal suo governo. Un governo che ha lasciato non solo i poveri meno poveri, ma anche i ricchi più ricchi.
Ora lo scenario di uno scontro tra Bolsonaro e Lula alle elezioni presidenziali del 2022 è l’ipotesi più probabile. Un sondaggio condotto dall’Istituto Ipec ha mostrato che il potenziale del candidato del PT alle elezioni del 2022 è del 12% superiore a quello di Jair Bolsonaro.
In un momento di crisi sanitaria e recessione economica, questo sorprendente esito apre una possibilità di rinascita per la sinistra brasiliana. Lula e il PT sono indiscutibilmente indeboliti, e devono riformulare un piano strategico per riacquisire la fiducia di gran parte della sinistra brasiliana che si è sentita tradita dall’“uomo del popolo”.