Una scena del film "Se mi lasci ti cancello" (Eternal Sunshine of the Spotless Mind) - via WikiMedia Commons

Se discordi ti cancello: la fine del dibattito

28 Marzo 2023

Il mio principale problema è che tutti hanno un’opinione netta su qualsiasi argomento. 

Un tempo, a esprimere senza esitazione i propri pensieri su questioni complicate erano soltanto gli intellettuali. Oggi, invece, tutti desiderano ostentare le proprie solidissime opinioni sull’intero scibile umano, e allora ecco che a me cominciano a risplendere e a diventare seducenti quei pochi rimasti che non si gettano nella mischia, che possono ancora permettersi le sfumature: una travolgente eccitazione per un «Non lo so, sto leggendo dei libri». 

Tutti prendono una posizione e ci illustrano le loro teorie su qualunque tema: come si spiega questo? Forse la risposta è che viviamo in un’epoca che ha annullato il dibattito e in cui è sparita la curiosità di ascoltare due idee contrapposte. 

Quello straordinario movimento di pensieri e parole, strumento di persuasione e di convincimento dell’altro, sembra non avere più valore. In tempi nei quali tutto diventa velocissimo, abbiamo ridotto così anche la formazione del pensiero, che è qualcosa che necessariamente richiede del tempo. 

Le opinioni apparentemente nettissime, esposte con toni duri e perentori, si rivelano essere fragili, incapaci di reggere una discussione. Il dibattito, perciò, viene evitato a tutti i costi e perfino screditato. 

Alcuni arrivano addirittura a teorizzare che il dibattito sia qualcosa di oltraggioso, e che mettersi a discutere con certe persone sedendo allo stesso tavolo sia una pratica sbagliata, perché in questo modo si legittima chi, secondo loro, non lo meriterebbe. 

Il punto da tenere sempre a mente è che tutte le opinioni sono legittime, pure le più indecenti, e per contrastare quelle che non ci piacciono bisogna dibattere, anche se questo costa tempo e fatica. 

La debolezza delle idee emerge proprio dalla tendenza a escludere il dibattito: se le nostre idee fossero solide, dovremmo essere ben disposti a discuterne con chiunque tenti di confutarle, Mill ce lo insegna. 

Viceversa, quando le idee sono intellettualmente deboli, si preferisce fuggire, in questo caso sfruttando delle banali vie d’uscita che permettono di vincere all’apparenza la sfida senza neppure averla cominciata. 

È qui che entrano in gioco tutti quei tic linguistici e quelle frasi campanello che sono ritenute intrinsecamente buone e giuste, e che vengono usate come dei jolly ogniqualvolta la situazione si faccia complicata e ci sia la necessità di uscirne vittoriosi. Basta un colpo, senza faticare, senza mettersi alla prova. 

Le idee, se confrontate con altre di segno opposto, si rafforzano, perché il confronto permette di affinarle. La tendenza a tenere le idee in una bolla di vetro e ammirarle e ripeterle compiaciuti è un altro dei motivi per cui queste si rivelano di poca consistenza culturale e finiscono per assomigliare più a delle filastrocche dogmatiche imparate a memoria che a frutti di un ragionamento sapiente. 

Questi comportamenti si riscontrano soprattutto nella sinistra più radicale e massimalista: i pensieri con i quali non si è d’accordo, invece di essere contestati con argomentazioni convincenti, vengono etichettati come indegni e buttati nel cestino. 

Scendiamo per un attimo nel concreto: il recente dibattito sulla gestazione per altri (GPA). Si tratta di un tema divisivo, che vede i più favorevoli nella sinistra progressista e i più contrari nella destra conservatrice. 

Sia da una parte che dall’altra c’è stata una grande incapacità di ascoltare con interesse le legittime opinioni degli avversari, ma è a sinistra che è stato usato il jolly di cui parlavamo prima, la via d’uscita per vincere il dibattito tentando di incarnare l’unica parte giusta: la parola d’ordine, in questo caso, è stata «stato etico». 

Tutte le opinioni diverse da quella favorevole alla GPA hanno ottenuto una sola risposta, valida per qualsiasi obiezione: «Quella che tu proponi è roba da stato etico». 

Oltre a svuotare di significato una parola e a usarla in maniera impropria, da questa estremizzazione forzata del dibattito è difficile uscirne indenni. «Se non stai con me sei omofobo», o razzista, o fascista o propugnatore di uno stato etico: il tavolo viene rovesciato e lo spazio di discussione cancellato. 

Queste categorie estreme vengono utilizzate come dei bollini rossi da appiccicare a opinioni sgradite per liberarsene più in fretta. 

Quello che spaventa non è la presunta antidemocraticità che si suppone caratterizzi il pensiero altrui, ma la fattuale antidemocraticità del metodo con cui alcuni esprimono il proprio pensiero. 

La deriva pericolosa è quella che porta a giudicare le proprie idee non come legittime opinioni da contrapporre ad altre legittime opinioni, ma come verità assolute senza nulla da opporre.

1 Comment

  1. Penso che questo fenomeno sia collegato con il sovraccarico di informazioni a cui siamo sottoposti e che siamo costretti ad elaborare senza prenderci il tempo necessario per farlo.

    La nostra società preme perchè noi agiamo senza pensare, ma abbiamo bisogno di qualcosa a cui aggrapparci, luoghi comuni, stereotipi, modelli di pensiero che riteniamo nostri ma in realtà ce li hanno inculcati etc.

    Fermarsi a pensare permette di vedere le cose meglio, ma poi quasi nessuno sarà disposto ad ascoltarti.

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