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SULLA VITA, SULLE RELAZIONI UMANE E SULL’INDIVIDUALISMO

3 Febbraio 2021

Per un liberale nel senso classico del termine, la base della convivenza civile è costituita dalla triade lockiana: vita, proprietà, libertà. Definendo non negoziabili tali valori, diritti naturali per Locke, gli esseri umani possono autodeterminarsi e vivere liberamente. Sul piano politico c’è poco da dire su una verità a mio avviso inconfutabile, ma nello svolgersi della quotidianità mi sono convinto che la vita non appartenga solamente agli individui che la detengono.

L’agire umano

Giorno dopo giorno gli individui scambiano beni e idee, si conoscono tra loro, cooperano per i più svariati motivi. La totalità di queste azioni scaturisce da interessi particolari, razionali o meno. Così come la signora va a comprare il pane dal fornaio perché desidera mangiarne, anche due adolescenti si frequentano perché vogliono sperimentare sentimenti nuovi. Così come due avvocati che non si sopportano devono collaborare costruttivamente per vincere una causa, anche il sacerdote organizza la parrocchia per avvicinare i fedeli al suo dio e il politico fa un comizio per persuadere gli elettori.

Si può dire quindi che gli interessi individuali, mossi da valori, sentimenti o esigenze di tipo materiale, siano il motore della società, qualunque essa sia. Rimane il fatto, inoltre, che l’unico modo per soddisfare tali interessi è la relazione con l’altro. Tuttavia, a tal punto le emozioni entrano in gioco e rischiano di cambiare le carte in tavola. Pensiamo a un ragazzo, che si reca ogni giorno nello stesso bar a prendere il caffè perché sta cercando il coraggio di chiedere il numero di telefono alla cameriera. Ma può valere lo stesso discorso per un fedele che decide di cambiare parrocchia per non allontanarsi dal prete che tanto lo ha aiutato. Come prima, si potrebbero fare innumerevoli altri esempi che dimostrano come la razionalità non sia sufficiente a spiegare l’agire umano.

Il ruolo degli altri nella formazione dell’identità

Le scelte degli individui si possono in modo sereno non definire rigorosamente razionali, perché c’è ciò che all’università della strada chiamano “elemento umano”. Nella formazione della nostra identità gli altri giocano un ruolo importante quasi quanto il nostro, nel bene e nel male. Quanto può cambiare a un adolescente avere o non avere una famiglia che gli sta accanto durante gli anni del cambiamento? Quanto può essere diverso affrontare una separazione circondato o meno da persone che desiderano il tuo bene? Cicerone ha argomentato nel diciassettisimo capitolo del De Amicitia: “Amicus certus in re incerta cernitur”. Tradotto, “l’amico vero si riconosce nei momenti di difficoltà”.

Facendo un passo in più, quanto supporto posso ricevere in un momento di difficoltà se mi sono sempre prodigato nell’aiuto di chi mi è caro?

L’individualismo non è egoismo

Siamo arrivati a un punto dirimente per chi, come me, sbandiera l’individualismo come mezzo con cui costruire la propria esistenza. Reputo che perseguire il proprio interesse, sempre e fino in fondo, non si traduca nel disinteressarsi degli altri, bensì il contrario. Avere cura del prossimo, magari della persona amata come canta Battiato, è parte degli interessi di ciascuno, contribuisce al proprio benessere. Non realistico credere che, mediamente, le persone siano disposte a rinunciare e combattere ogni tipo di sentimento e di pulsione irrazionale, pur di ottenere vantaggi materiali. Può accadere che sia così, ovviamente, perché l’agire umano non è integralmente pronosticabile nè tantomeno omogeneo, ma non è la regola.

A chi appartiene la vita?

Superato il falso problema dell’individualismo, la strada per fare dei distinguo sulla proprietà della vita è ormai spianata. Se è vero che cresciamo grazie alla relazione con gli altri, che cambiamo prospettiva in base al nostro vissuto che è inevitabilmente dipendente dalla relazione con gli altri, allora è altrettanto vero che la nostra esistenza è funzione di quella degli altri. Non siamo monadi, che casualmente si avvicinano e si allontanano, ma individui, mossi tanto da elementi razionali quanto da elementi irrazionali, che non possono fare a meno di stringere relazioni.

E ancora, se questo è vero, la vita non può appartenere solo a noi. Evitando di contemplare elementi metafisici che destano in me più scetticismo che entusiasmo, mi sento di affermare che la vita di ognuno appartiene anche agli altri. Com’è intuibile, non sto asserendo che tutti siano padroni della vita di tutti gli altri, ma che la nostra cerchia più o meno stretta porti dentro di sé un pezzetto della nostra vita. Possiamo decidere in ultima istanza, addirittura, di privarci della nostra stessa vita, per mezzo del suicidio, ma commettendo tale estremo gesto stiamo deliberatamente privando anche altri di un pezzo della propria. È come se la vita fosse una ragnatela, che ci unisce indissolubilmente agli altri. Ognuno è responsabile del suo punto, ma deve essere consapevole che se viene meno quello anche le altre parti vicine ne risentiranno.

In conclusione

Nell’epoca in cui tanti, a torto, spiegano che l’individualismo (e tutto ciò che ne consegue) ci ha fatto smarrire i valori fondanti della società, credo che riportare un po’ di ordine sia doveroso. Riconoscere alla famiglia, all’amicizia, all’amore una centralità, pur partendo dalla cura degli interessi personali, a mio avviso aiuta a riportare il dibattito nella giusta dimensione. Serve solo comprendere che il mondo è cambiato e anche la famiglia, l’amicizia e l’amore, che contribuiscono a plasmare ogni essere umano in modo decisivo, possono presentare forme differenti da quelle cui siamo stati abituati. Tutto ciò, a mio avviso, non è solo compatibile con l’individualismo, ma ne è il motore.

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