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Tunisia, 25 luglio: come e perché si è arrivati alla decisione del Presidente Kais Saied

4 Agosto 2021

Per poter comprendere come si è arrivati alla decisione del 25 luglio del Presidente Kais Saied è necessario fare alcuni passi indietro. Il periodo antecedente le ultime elezioni politiche, a seguito di un’incapacità di creare una coalizione di Governo, il Presidente Kais Saied aveva nominato Hichem Mechichi con il compito di formare un esecutivo tecnico per dare risposta ai problemi del paese. Resosi conto che per governare aveva bisogno dell’appoggio dei partiti, egli mise in atto un rimpasto governativo già approvato dal Parlamento, ma mai accettato dal Presidente. Infatti, il Presidente della Repubblica, Kais Saied si rifiuta da gennaio 2021 di accettare le nomine dei ministri scelti dal primo Ministro Hichem Mechichi perché accusati di corruzione, impedendo quindi che il governo presti giuramento.

Questa paralisi politica causata da un blocco tra i tre presidenti, quello della Repubblica, Kais Saied, quello del Parlamento, Rached Ghannouchi e quello del Governo, Hichem Mechichi ha impedito il normale funzionamento delle istituzioni. Tale blocco istituzionale che caratterizza da tempo il panorama politico tunisino e la gravissima situazione epidemiologica dovuta al Covid-19 ha subito una svolta inattesa: le sedi del partito di maggioranza, gli islamisti di Ennahdha guidati da Rachid Ghannouchi, sono state prese d’assalto da manifestanti in tutto il paese. I manifestanti hanno staccato le insegne del partito e occupato i locali della formazione islamica, partito che fin dal 2011 ha dettato l’agenda politica al paese diventando uno dei simboli principali della Tunisia odierna. Alcuni canti e slogan durante la protesta includevano: “Il sistema è corrotto, sia il governo che l’opposizione”; “Il popolo vuole lo scioglimento del Parlamento”; “Mechichi Dégage, Ghannouchi Dégage”, riprendendo gli stessi slogan ai tempi di Ben Ali nel 2011.

La svolta arriva durante la Festa della Repubblica

In occasione del 25 luglio, giorno della Festa della Repubblica tunisina, centinaia di manifestanti si sono radunati davanti al Bardo, dove ha sede l’assemblea nazionale, chiedendo al Presidente Kais Saied la dissoluzione del Parlamento e la rimozione del Primo Ministro Hichem Mechichi. L’opinione pubblica tunisina è esasperata dai conflitti tra i partiti in Parlamento e dalla mancanza di lungimiranza del governo nell’affrontare la crisi sanitaria, lasciando la Tunisia a corto di ossigeno. Con quasi 18.000 morti per 12 milioni di abitanti, il paese ha uno dei peggiori tassi di mortalità al mondo in questa pandemia.

Il “Mouvement du 25 juillet”, uno dei tanti organizzatori della manifestazione, pubblica su Facebook le rivendicazioni del popolo tunisino, tra cui lo scioglimento del Parlamento, la fissazione di una data per le elezioni anticipate, garantire l’indipendenza del potere giudiziario, togliere l’immunità parlamentare ai parlamentari accusati di aver commesso crimini al di fuori dell’ambito del loro lavoro parlamentare, sciogliere i partiti che hanno ricevuto finanziamenti illegali, aprire un’inchiesta sulle donazioni e i prestiti ricevuti dallo stato tunisino dal 2011.

Diversi rappresentanti del partito Ennahdha sono infatti indagati dalla procura in merito alla ricezione di fondi illeciti e all’utilizzo illecito di fondi statali. Inoltre, in seguito alla richiesta di Ennahdha di pagare in tempi rapidi un risarcimento per le persecuzioni subite durante il regime di Ben Ali, il malcontento generale nei confronti del partito è aumentato fino alle attuali proteste. Ennahdha è diventato il simbolo di una classe politica affarista, incapace di gestire il paese o di istituire governi stabili e incapace di far fronte alle necessità del Paese. Sono accusati dalla popolazione di essere all’origine della paralisi delle istituzioni, dei conflitti d’interesse e delle malversazioni.

L’invocazione dell’articolo 80 della Costituzione e il dilemma della Corte Costituzionale

Il Presidente Kais Saied, dopo una giornata di manifestazioni in tutto il paese, ha annunciato di invocare i poteri conferitogli dall’articolo 80 della Costituzione del 2014 in caso di “eccezionali circostanze”. L’articolo 80 invocato da Saied prevede che “in caso di pericolo imminente che minaccia le istituzioni della nazione o la sicurezza o l’indipendenza del Paese, e che ostacola il normale funzionamento dello Stato, il Presidente della Repubblica può prendere tutte le misure rese necessarie dalle circostanze eccezionali, dopo aver consultato il Capo del Governo e il Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo e aver informato il Presidente della Corte Costituzionale.” Si parla di una misura limitata che dovrebbe durare trenta giorni. “Queste misure cessano di essere in vigore non appena le circostanze che giustificano la loro attuazione non sussistono più” continua l’articolo.

Così, il Presidente rimuove dalla carica di Primo Ministro Hichem Mechichi, congela i lavori parlamentari, sposta il potere esecutivo nelle mani della Presidenza della Repubblica e rimuove l’immunità per i deputati. Ad affiancarlo nei prossimi trenta giorni dovrà essere scelto un nuovo Primo Ministro.

Ad autorizzare le “misure eccezionali” dovrebbe essere il presidente della Corte Costituzionale. Solo quest’ultima sarebbe in grado dirimere le controversie sull’attribuzione dei poteri tra le varie cariche istituzionali. Ma, la Corte non è mai stata nominata a causa del mancato accordo tra i partiti politici. Non c’è quindi un’autorità superiore che possa giudicare la costituzionalità delle leggi e delle decisioni prese da Kais Saied. Proprio per questo c’è chi teme che, in assenza di qualsiasi contropotere che possa esercitare una forma di controllo, il Presidente abbia mano libera nei prossimi mesi. Durante la giornata di lunedì, Saied ha rimpiazzato anche il ministro della difesa e quello della giustizia.

Una società divisa

Il 25 luglio verrà ricordato nei prossimi anni come la “giornata della rabbia”.
La società civile tunisina si divide tra chi appoggia il presidente e chi teme un ritorno al passato. Da un lato, la decisione di Kais Saied di congelare il Parlamento ha provocato una significativa esultanza della popolazione. Dall’altro lato, il partito di maggioranza Ennahdha e diversi esperti costituzionali hanno condannato la decisione di Saied un “colpo di stato”. Sostengono che l’articolo 80 della Costituzione su cui il presidente si è basato, è stato mal interpretato e non prevede il congelamento delle attività del Parlamento e richiede la consultazione del Primo Ministro e del presidente del Parlamento. Il suo leader, Rached Ghannouchi, anche Presidente del Parlamento, accompagnato da diversi deputati, è stato bloccato davanti alla sede della camera, chiusa dai soldati, secondo un video pubblicato dall’account Facebook di Ennahdha.

Secondo diverse fonti risulta che il Presidente Saied abbia usurpato l’articolo 80 della Costituzione tramite la congelazione del Parlamento e presiedendo l’istituzione del Pubblico Ministero in quanto non fanno parte delle disposizioni. Per quanto riguarda la consultazione con il Presidente del Parlamento e il Primo Ministro, il Presidente afferma di averli informati entrambi e sottolinea che consultazione non equivale ad approvazione. “Ho assunto una responsabilità, sto assumendo una responsabilità storica. Quelli che dicono che questa vicenda è legata a un colpo di Stato, devono rivedere le loro lezioni sulla Costituzione”, ha affermato Saied, rivolgendosi al partito islamico Ennahdha, nel corso di un incontro con i rappresentanti dei sindacati.

Il presidente ha anche deciso di avocare a sé la carica di Procuratore generale della Repubblica, con la facoltà di poter esercitare l’azione penale. Ciò gli consentirebbe di arrestare anche i deputati, una volta tolta loro l’immunità. Nei confronti di Ghannouchi e di altri 64 deputati, che hanno cause pendenti con la giustizia, sarebbe già stato intimato il divieto di viaggiare all’estero. La Suprema Corte Giudiziaria ha pubblicato un comunicato in cui critica la decisione di Kais Saied di essersi auto incaricato come Pubblico Ministero, sottolineando che mina l’indipendenza della giustizia.

Nonostante ciò, i sostenitori di Saied si sono riversati in Avenue Bourguiba, teatro principale della Rivoluzione della dignità e della libertà del 2011, dove li ha raggiunti lo stesso Presidente. L’esercito è stato schierato davanti al palazzo del Parlamento per impedire l’ingresso a Ghannouchi e a Tunisi la polizia ha fatto sgomberare un ufficio di Al Jazeera. Il sindacato dei giornalisti ha emesso un comunicato chiedendo il rispetto della libertà di stampa. Nel frattempo il maggior sindacato del paese, la UGGT, si è espressa in sostegno delle decisioni del Presidente, a patto che la sospensione provvisoria dei lavori non vada oltre i 30 giorni previsti dalla Costituzione.

Tra i commentatori c’è chi paragona l’attuale situazione tunisina a un possibile scenario autoritario come quello che si è visto in Egitto nel 2013 con al-Sisi. Ma la Tunisia non è mai stata un dittatura militare per cui non siamo in uno scenario egiziano: la dittatura sotto Bourguiba, poi sotto Ben Ali, era una dittatura di polizia, che è molto diversa. L’esercito tunisino è sempre stato il guardiano delle istituzioni e dello stato. Tuttavia, stiamo assistendo a una ricaduta della violenza della polizia, che era già pervasiva nel 2011 ed è continuata dopo la rivoluzione. Dunque è molto difficile fare previsioni per il futuro. Non si può sapere con certezza come evolverà la situazione.

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