Per la giustizia del Burkina Faso, il suo ex-presidente Blaise Compaoré ha avuto un ruolo primario nell’assassinio del suo amico e predecessore Thomas Sankara.
Il leggendario Che Guevara Africano è simbolo della liberazione dei Paesi africani dalla stretta dell’imperialismo occidentale, nonché principale sostenitore del Movimento Panafricano.
LA SENTENZA IN CONTUMACIA
In Burkina Faso, così come in molti altri Paesi, la giustizia si muove lenta, terribilmente lenta, ma inesorabile. L’ex-colonia francese dell’Alto Volta, liberata, rinominata in Burkina Faso, e poi guidata da Thomas Sankara, anche detto “Che Guevara africano”, ha posto la parola fine al mistero che avvolgeva l’assassinio del suo eroe nazionale. I giudici della corte militare speciale hanno condannato in contumacia il loro ex-presidente Blaise Compaoré.
Non è la prima volta che il Paese africano prende una posizione così forte contro Compaoré. Nell’ottobre del 2014, dopo un periodo di governo lungo ben 27 anni, Compaoré si dimise a seguito della forte crisi politica in corso. L’anno successivo, il nuovo governo presieduto dal capo dell’esercito Honore Traore emise un mandato di cattura internazionale. Fuggitivo, ricercato e ora anche condananto in via definitiva, Compaoré continua la sua vita da settantenne in esilio.
La condanna all’ergastolo, deliberata nella capitale Ouagadougou, vede come destinatari anche alcuni collaboratori di Compaoré. Tra questi, anche Hyacinthe Kafando e Gilbert Diendéré, rispettivamente ex capo della sicurezza e ex comandante dell’esercito. Altre otto persone hanno ricevuto condanne d’incarcerazione tra i 3 e 20 anni di reclusione. La corte marziale ha prosciolto dalle accuse solo tre degli imputati al processo.
CHI GOVERNA IL BURKINA FASO?
Dalle dimissioni di Compaoré il Paese è stato attraversato da continue crisi di governo, tentativi di golpe e attacchi terroristici anche di matrice jihadista. Il 24 gennaio 2022, il presidente in carica Roch Kaboré, che esercitava il governo del Paese ininterrottamente dal 2015, è stato destituito coercitivamente e arrestato. L’ultimo coup d’état, è stato condotto dal tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba. Come conseguenza diretta, Damiba, il nuovo uomo forte a capo del Paese africano, ha istituito un periodo transizione che sospende la Costituzione, scioglie l’Assemblea Nazionale e chiude i confini.
La Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS/CEDAO) ha cancellato la sua visita in Burkina Faso dopo il colpo di Stato, mentre il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha condannato il fatto come inaccettabile.
CHI È THOMAS SANKARA
Il 15 ottobre 1987 è stato uno degli spartiacqua più importanti nella storia post-coloniale africana. Dopo quasi vent’anni esatti dall’assassinio di Ernesto “Che” Guevara, veniva ucciso anche Thomas Sankara.
Che piaccia o meno, Thomas Sankara è un eroe. L’eroe nazionale che ha liberato il Burkina Faso dal colonialismo francese, il simbolo della lotta per la sua indipendenza. Salito al potere nel 1983, all’età di 33 anni, Sankara destituisce il governo coloniale del presidente Jean-Baptiste Ouédraogo, e lo fa proprio assieme al suo compagno Blaise Compaoré.
Per il Paese ha inizio un periodo di riforme ispirate da ideali libertari e anti-imperialisti. Le politiche di Sankara mirano all’auto-sufficienza alimentare, e sono ispirate dalla lotta alla povertà e alla fame che attanagliava il Burkina Faso.
TRA RIVOLUZIONE E FUTURO
Ispirato da una visione marxista dell’economia, Sankara metteva in evidenza le forti contraddizioni in termini del sistema economico colonialista. Ad esempio, egli trovava inaccettabile che milioni di persone morissero di fame quando la quasi totalità della forza lavoro del Paese era composta da agricoltori e l’export di prodotti alimentari aumentava.
Sankara godeva di grande popolarità e reputava imprescindibile dare il buon esempio. Non a caso il nuovo nome di Burkina Faso scelto dal lui per il Paese significa proprio “Patria degli Uomini onesti“.
Ammirato anche da Françoise Mitterrand, che però gli consigliò di non spingersi troppo oltre, Thomas Sankara era un giovane idealista e visionario. Il Che Guevara africano indicava già allora molti dei problemi più impellenti di oggi. Il governo di Sankara, oltre ad appuntare numerose donne in posizioni chiave, tra cui il Ministero delle Finanze, promosse molte politiche a favore della parità di genere. Un caso unico in tutta l’Africa.
Infine, Thomas Sankara fece priorità del suo agire, la lotta alla desertificazione e al cambiamento climatico. Per Sankara il cambiamento climatico era un problema globale e le economie dei vari Paesi dovevano condividere la responsabilità delle cause, sia dirette che indirette.
NON SOLO BURKINA FASO: I VOLTI DELLE RIVOLUZIONI DIMENTICATE
Non fù solamente Thomas Sankara l’africano che volle seguire l’esempio di Ernesto Guevara. Per chi non ne conoscesse la storia, il profilo, e il pensiero politico, l’accostamento potrebbe suonare abbastanza strano. Tuttavia, il carismatico leader cubano sostenne e influenzò anche le anime rivoluzionarie presenti in alcuni dei movimenti politici africani. In particolare, in Burkina Faso, Congo e Angola.
Tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso, infatti, assistiamo a un proliferare di lotte indipendentiste e libertarie in tutto il mondo. Persino nel continente dimenticato da tutti, l’Africa.
L’elenco è lungo e racconta di molte storie, diverse tra loro, ma accomunate dallo stesso spirito. La volontà di spodestare l’oppressore. La lotta contro la dittatura.
I protagonisti di queste storie sono tanti e hanno segnato in maniera indelebile, nel bene e nel male, la storia del proprio Paese. Tra questi, il più noto è certamente Nelson Mandela ma non è stato l’unico. L’Africa è sconfinata ed ha ospitato le storie altrettanto importanti ma sconosciute come quelle del ghanese Kwame Nkrumah, del keniota Jomo Kenyatta, del senegalese Leopold Sedar Senghor, dell’ivoriano Félix Houphouët-Boigny, del tanzaniano Jiulius Nyere, dello zambiano Kenneth Kaunda, del congolese Patrice Emery Lumumba, degli angolani Lúcio Lara e Agostinho Neto, e infine del mozambicano Samora Machel.