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LA “MALATTIA DEI COSTI” DI BAUMOL TRA TAGLI E DE-FINANZIAMENTI AL SSN

25 Agosto 2020

Nella sua pubblicazione del 1967 l’economista statunitense William Baumol ha postulato – con l’intento di spiegare i motivi che spingono la spesa pubblica a crescere costantemente – la c.d. “malattia dei costi” o “legge di Baumol”. Essa aiuta a riflettere – alla luce dei tagli e dei de-finanziamenti al SSN degli ultimi anni – sull’importanza di una costante crescita della spesa sanitaria pubblica e sulle politiche da intraprendere nel futuro.

Che cos’è la “malattia dei costi” di Baumol?

Secondo la Legge di Baumol è possibile suddividere le attività economiche in due settori: i) settore progressivo; ii) settore non progressivo. Il primo è caratterizzato da un costante aumento della produttività cosicché, al crescere dei salari, i costi restano costanti (si pensi, per esempio, all’attività manifatturiera). Il secondo è caratterizzato invece da produttività stagnante sicché, dato che i salari nei due settori si muovono assieme a causa della mobilità del lavoro che si ha nel lungo periodo, quando questi crescono anche i costi sono destinati a crescere. Nella pubblicazione del 1967 Baumol inserisce nel settore a produttività stagnate perlopiù servizi pubblici come istruzione, assistenza sanitaria, attività culturali, manutenzione delle città e così via.

Nel settore non progressivo rientra dunque anche quello della sanità pubblica in quanto è caratterizzato da aumenti di produttività moderati ed è dunque affetto dalla “malattia dei costi”.  Con questa affermazione non si vuole sostenere che non vi sia progresso tecnico nel settore sanitario, bensì che questo ha un impatto differente sulla produttività rispetto ad altri settori. Nel settore sanitario, infatti, l’utilizzo di una nuova tecnologia non sostituisce il lavoro degli operatori sanitari nella produzione del servizio ma li aiuta a erogare una prestazione migliore.

La validità della legge di Baumol ha delle implicazioni non banali: se è vero che i salari del settore sanitario crescono ad un ritmo maggiore rispetto alla sua produttività, allora i costi sono destinati a incrementare costantemente.  Questo significa che, nel mercato sanitario, per garantire un livello di output costante è necessario incrementare costantemente la spesa sanitaria. Se così non fosse e la disponibilità di risorse dovesse rimanere invariata nel tempo il risultato sarebbe quello di erogare una sempre minor quantità di servizi sanitari. Tutto ciò può aiutare a comprendere il motivo per cui, diversamente da altri settori, nella sanità pubblica ogni euro di mancato aumento o adeguamento di spesa è da considerare un taglio tout court [1].

Legge di Baumol: cosa dice l’evidenza empirica?

In un recente lavoro per la rivista Economia e Politica dal titolo “Spesa sanitaria, austerità e “malattia dei costi” di Baumol” ho provato a verificare empiricamente la validità della teoria di Baumol. La stima empirica – basata sul modello proposto da Bates e Santerre [2]– è stata sviluppata sulla base di un dataset panel composto da 32 Paesi [3] per il periodo 1995-2017. Il modello proposto dai due economisti e su cui si sono basate le stime può essere rappresentato come segue:

Dove ???? è l’occupazione nel comparto sanitario per l’?-esimo paese nel ?-esimo periodo; Δlog(????) è la differenza logaritmica della spesa sanitaria per l’?-esimo paese nel ?-esimo periodo; ?0 è la costante; ?1 è il coefficiente di Baumol; Δlog(???) è la differenza logaritmica del salario medio annuale (prezzi correnti) per l’?-esimo paese nel ?-esimo periodo; Δlog(???) è la differenza logaritmica della produttività per l’?-esimo paese nel ?-esimo periodo; Δlog(???) è la differenza logaritmica della variabile ??? che contiene la percentuale della popolazione con età maggiore o uguale a 65 anni e il tasso di disoccupazione per l’?-esimo paese nel ?-esimo periodo; ?? rappresenta l’effetto individuale; ?? rappresenta l’effetto temporale e ??? è l’errore.

Per verificare la teoria dell’economista inglese la variabile fondamentale è la c.d. “variabile di Baumol” ossia:

essa rappresenta il differenziale tra la crescita dei salari e la crescita della produttività; la verifica empirica necessita dunque che il suo coefficiente – ?1 – sia significativo e maggiore di zero. I risultati delle stime empiriche sono riportati nella Tabella 1.

VariabiliCoefficientiErrore Std.Statistica tP-value
?00,008618990,001985124,3420,0001***
?10,03236290,006986894,6326,15e−05***
Tabella 1: risultati del modello FE

In linea con i risultati a cui erano giunti Bates e Santerre – le cui stime erano riferite al mercato sanitario statunitense – il coefficiente di Baumol è positivo e statisticamente significativo: il mercato sanitario dei principali Paesi dell’area Ocse sembrerebbe essere “affetto” dalla “malattia dei costi” di Baumol.

Spesa sanitaria in Italia e nei principali Paesi sviluppati [4]

Una volta compreso – grazie alla teoria di Baumol – l’importanza della crescita della spesa sanitaria è utile guardare l’andamento di questa variabile nel contesto italiano.

La Figura 1 mostra che la spesa pubblica destinata alla sanità, dopo un periodo (1999-2009) in cui è cresciuta ad un tasso abbastanza sostenuto, ha visto un forte rallentamento nel periodo successivo (2010-2018).

In particolare – come mostrato dalla Figura 2 – la spesa sanitaria pubblica, che era cresciuta in media del 6,16% l’anno nel periodo 2000-2009, è cresciuta nel periodo successivo (2010-2018) solamente dello 0,37% l’anno. Se si considera che il tasso d’inflazione medio per l’ultimo periodo è stato pari a 1,2%, la crescita della spesa non è stata nemmeno sufficiente a mantenere costante il potere d’acquisto.

Anche osservando l’evoluzione della spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil, il risultato è più o meno lo stesso come mostra la Figura 3. L’indicatore cresce costantemente dal 1999 sino a toccare un massimo, pari a 7,4% circa, nel 2010 per poi decrescere sino al 6,85% nel 2018. In definitiva, possiamo sostenere che vi sono stati tagli (e de-finanziamenti) al SSN a partire dal 2009-2010, tagli che possono essere ricondotti alle politiche di austerity; il risultato è stato quello di riportare il rapporto tra spesa sanitaria e Pil al livello del 2005.

I tagli e i de-finanziamenti al SSN del recente passato possono essere inquadrati ancora meglio se confrontiamo la spesa sanitaria pro-capite tra i principali paesi Ocse. Tale confronto è rappresentato dalla Figura 4 che evidenzia come Italia, Grecia e Spagna – che appartengono ai c.d. Piigs – dopo un periodo di costante crescita della spesa sanitaria pro capite, hanno fatto segnare un’inversione di tendenza a partire dal 2010. Spagna e Grecia, che si trovavano già al disotto della media Ocse, si sono distanziati ulteriormente allargando il gap con i principali paesi avanzati. L’Italia, che prima del 2010 si trovava al di sopra della media Ocse, dopo il 2010 è finita al di sotto di tale media. I nostri principali partner europei – Francia e Germania – sono largamente al di sopra della media Ocse e fanno registrare una costante crescita della spesa sanitaria pro capite. Dai dati emerge chiaramente come i tagli alla spesa sanitaria si sono verificati principalmente nei paesi soggetti a politiche di consolidamento più dure.

Se analizziamo la variazione annua della spesa sanitaria pro capite per Italia, Grecia e Spagna rispetto a quella della media Ocse (Figura 5), riusciamo meglio ad inquadrare il trend. Nel periodo che va dal 1999 sino al 2009 la spesa sanitaria pro capite di Italia, Grecia e Spagna è cresciuta, in media, rispettivamente del 6%, del 9,54% e del 7,48%, tassi di crescita superiori rispetto a quello medio dell’area Ocse che è stato, in quel periodo, pari a 5,52%. Nel periodo successivo (2010-2018) la variazione è stata del 1,13% per l’Italia, del -3,42% per la Grecia e del 1,45% per la Spagna, tassi di crescita inferiori a quello medio dell’area Ocse che è stato pari a 3,55%. Se consideriamo il periodo che va dal 2011 al 2013 – il periodo dei consolidamenti fiscali più duri – i dati dicono che il Paese più colpito è stato la Grecia, con una decrescita della spesa sanitaria pro capite cumulata pari a circa il 30,9%. Anche Italia e Spagna hanno fatto registrare, seppur in misura minore, una decrescita della spesa pro capite nel suddetto periodo, pari al 3,55% per la prima e al 3,67% per la seconda.

Osservazioni conclusive

Alla luce dell’interpretazione che possiamo dare ai risultati teorici a cui è giunto l’economista statunitense William Baumol – risultati che sembrano essere confermati dall’evidenza empirica – è indispensabile instaurare una riflessione sulle scelte politiche ed economiche che dovranno essere prese nel futuro.

La validità della Legge di Baumol implica un corollario ben preciso: se è vero che – dato che la produttività nel mercato sanitario cresce meno rispetto ai salari – un mancato aumento della spesa sanitaria è equivalente ad un de-finanziamento è indispensabile mettere in cantiere investimenti pubblici che immettano risorse nel SSN in modo strutturale e che segnino un punto di discontinuità con i trend del recente passato. Con tale dicitura non si vogliono incoraggiare politiche “spendaccione”, bensì investimenti mirati che permettano da un lato di incrementare gli standard qualitativi delle prestazioni sanitarie e, dall’altro, che tali standard siano garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale andando così a ricucire il decennale gap sanitario Nord-Sud. Le risorse in arrivo da Bruxelles – dopo lo storico accordo raggiunto dal Consiglio Europeo (il c.d. Recovery fund) – potrebbero e dovrebbero essere utilizzate (anche) con questo fine. La palla ora passa alla politica: speriamo che non se la faccia sfuggire di mano!

Bibliografia

Bates L.J., Santerre R.E. (2013). “Does the US health care sector suffer from Baumol’s cost disease? Evidence from the 50 states”. Journal of Health Economics [online], volume 32, pp. 386-391.

Baumol W.J. (1967), “Macroeconomics of unbalanced growth: the anatomy of urban crisis”, in The American Economic Review [online], volume 57 n. 3, pp. 415-426.

Caruso E., Dirindin N. (2019), in Salute ed economia. Questioni di economia e politica sanitaria, Il Mulino, Bologna.

Gayer T., Rosen H.S. (2018), Scienza delle finanze, edizione italiana a cura di Rapallini C., Mc Graw Hill, New York.

ISTAT (2020), “Conti nazionali”, http://www.istat.it/it/conti-nazionali.

Marelli E., Signorelli M. (2019), in Politica economica: le politiche del nuovo scenario europeo e globale, Giapichelli, Torino.

Muratore A. (2020), “Il massacro del sistema sanitario”, in InsideOver 15 Aprile.

OECD (2020), “OECD Health Data: Health care resources”, OECD Health Statistics (database).

Peacock A., Wiseman J. (1961), in The growth of public expenditures in the U.K. Princeton, Princeton University Press.

Samarani M. (2020), “Come l’austerità ha affondato la sanità italiana”, in Osservatorio Globalizzazione 5 Aprile 2020.

Samarani M. (2020), “Spesa sanitaria, austerità e “malattia dei costi” di Baumol”, in Economia e Politica 28 Aprile 2020.


[1] A. Muratore (2020).

[2] (2013).

[3] Australia, Austria, Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Giappone, Corea, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Messico, Olanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno unito e Stati Uniti.

[4] Questo paragrafo riprende un lavoro di Matteo Samarani pubblicato per il centro studi Osservatorio Globalizzazione dal titolo “Sanità pubblica: un diritto da preservare dalle logiche di mercato”.

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