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LIBERTÀ ECONOMICA E POLITICA, DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

Quale ruolo hanno le libertà economiche in una democrazia? Quale relazione c’è, se esiste, tra libertà politiche ed economiche?

Prima di iniziare è fondamentale una premessa. Con questo articolo non voglio certo stimare un rapporto causale tra libertà economiche e politiche; ciò richiederebbe un lavoro ben più approfondito e al di fuori dalle mie competenze (assai limitate). Mi limito qui a un ragionamento basato sulla logica.

Per argomentare la mia tesi mi sono ispirato al libro “Capitalismo e Libertà” del premio Nobel all’economia Milton Friedman. Al suo pensiero, che si concentra sulle libertà economiche, ho aggiunto mie considerazioni personali sul ruolo delle libertà politiche.

Cosa si intende per libertà politiche ed economiche

Quando si parla di libertà politiche si fa riferimento a diversi diritti ed istituzioni che, almeno nei paesi occidentali, sono ben ancorati nelle costituzioni. Il diritto di voto attivo e passivo, la certezza del diritto, la libertà di stampa, la libera associazione e così via.

Ovviamente gli Stati hanno diversi sistemi giuridici che garantiscono diversi gradi di tutela a questi diritti. Oltretutto, difendere un diritto sulla carta non è sufficiente; sono fondamentali anche i rapporti di forza tra istituzioni, gruppi di potere e partiti.

Allo stesso modo, vi sono molti aspetti da prendere in considerazione per quanto concerne le libertà economiche. Il diritto di proprietà privata, la libera circolazione di beni e persone, la tassazione, il ruolo delle banche centrali e tanto altro. Ogni paese ha il suo sistema economico che, seppur con alcuni punti in comune tra gli Stati, garantisce diversi standard di libertà economica.

Benché molto differenti tra loro, le libertà economiche e le libertà politiche sono entrambe uno strumento. La libertà politica è un mezzo che permette ai cittadini di votare diversi partiti, criticare idee e persone, proporre nuovi programmi e così via. La libertà economica, invece, permette ai consumatori di scegliere tra diversi beni/servizi offerti da produttori in competizione tra loro.

In entrambi i casi è incentivata la competizione e, con essa, una pluralità di scelte. Le libertà politiche ed economiche sono condizioni necessarie alla competizione per il potere: la prima per quello politico, la seconda per quello economico.

Libertà economica e competizione per il potere politico

Non si tratta però di due aspetti separati. Gli ordinamenti economici sono ben più importanti di quanto sembri per la competizione del potere politico. Prendiamo ad esempio uno Stato socialista dove è sì garantita la competizione tra partiti in “libere” elezioni, ma il mercato del lavoro è completamente controllato dallo Stato. In sostanza si può essere assunti solo nel settore pubblico.

Se un cittadino volesse formare un nuovo partito per sostenere l’ideologia liberale e promuovere le libertà economiche, avrebbe serie difficoltà. Innanzitutto dovrebbe diffondere idee totalmente contrastanti con quelle del proprio datore di lavoro. Il dipendente pubblico, non potendo in caso di licenziamento trovare occupazione altrove, avrebbe così un forte disincentivo ad organizzarsi contro “l’ideologia al potere”.

Sarebbe alquanto bizzarro sostenere che il datore di lavoro non prenderebbe provvedimenti verso il proprio dipendente, ma ammettiamo che questo sia possibile.

Come diffondere idee in uno Stato socialista

Per diffondere alla massa le idee liberali, i cittadini dovrebbero raccogliere una consistente somma di denaro per comprare spazi televisivi, giornali, organizzare campagne sui social network, volantini ecc. E’ verosimile presumere che anche in uno Stato socialista esistano soggetti con grandi quantità di capitale e in grado di sostenere tali spese.

Però, come menzionato prima, il lavoro è interamente controllato dallo Stato. Pertanto, anche gli individui con ingenti capitali devono la loro ricchezza al ruolo di funzionari pubblici. Sarebbe alquanto difficile convincere i vertiti dello Stato di un ideologia contraria allo Stato.

Si potrebbe pensare di persuadere tanti piccoli risparmiatori a sostenere il nuovo partito. Fermo restando che è particolarmente impegnativo convincere tanti individui di un’idea senza i mezzi necessari per diffonderla, come fare a convincere una massa di dipendenti pubblici che potrebbero perdere l’unica occupazione disponibile?

Anche volendo immaginare una situazione dove si riesca a superare tali ostacoli, non basterebbero i fondi per mettere in pratica la propaganda del nuovo partito. A questo punto sarebbe necessario ottenere dei permessi da un ente pubblico per organizzare eventi, acquistare spazi pubblicitari da una televisione pubblica e stampare volantini in una cartoleria pubblica.

Questi ostacoli sarebbero decisamente ridimensionati in un sistema che garantisce le libertà di iniziativa economica e un mercato del lavoro in competizione tra privati. Separare il più possibile il potere politico da quello economico permette di mettere in discussione con più facilità chi il potere politico lo detiene.

Libertà politica e competizione economica

Non dobbiamo però trarre facili conclusioni. Pensare che la libertà economica sia condizione necessaria e sufficiente per ottenere competizione sia del potere politico che economico è un errore. Vi sono diversi esempi di paesi liberisti e, al tempo stesso, autoritari (ad esempio il Cile di Pinochet).

La sola libertà economica non basta a garantire la competizione per il potere e, aggiungo, anche la libertà politica è necessaria per difendere le libertà economiche.

Un paese fortemente liberista, ma che non permette concorrenza politica, probabilmente finirà per tutelare solo quei gruppi di interesse che sostengono il partito al potere, facendo degenerare il sistema economico liberista in un “capitalismo di Stato”. La libertà d’iniziativa economica privata sarebbe solo apparente.

E’ certamente vero che, in una democrazia, un partito socialista potrebbe prendere il potere in modo democratico e ridurre le libertà, ma quale sarebbe la soluzione? Un sovrano assoluto che difende le libertà economiche?

Ipotesi bizzarra suggerita da personaggi altrettanto bizzarri, i quali sostengono al tempo stesso che un solo individuo non dovrebbe avere il potere di decidere su tutti, salvo poi proporre di dare tale potere ad un sovrano illuminato che gli sta un po’ più simpatico perché odia i comunisti.

Così come il dittatore socialista finisce per tradire i propri ideali in favore di vantaggi personali, dobbiamo presumere che anche un “dittatore liberale” farebbe lo stesso. Per questo è necessario il principio di separazione dei poteri, fondamenta di ogni democrazia liberale.

C’è bisogno di competizione

Molto spesso viene erroneamente proposto un trade-off tra libertà economiche e politiche. Da una parte c’è chi sostiene sia necessario impedire alle grandi società di influenzare le scelte politiche, così inevitabilmente limitando la competizione per il potere. Dall’altra c’è chi propone limiti all’esercizio della democrazia, in difesa di alcuni diritti ritenuti superiori a tutti gli altri.

Trovo che, in fin dei conti, le libertà politiche ed economiche condividano molto più di quanto sembri. Entrambe, in modi differenti, garantiscono ad ogni individuo la possibilità di competere, di scegliere fra diverse alternative. Per quanto mi riguarda, preferirei non trovarmi mai di fronte ad un monopolista, sia del potere economico, che di quello politico.

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