Salone del Mobile 2023

Salone Internazionale del Mobile, edizione 61: il racconto

30 Aprile 2023

Is there anything more Italian than design?” è stato il preambolo della prima conversazione che, lo scorso 24 aprile, ho ascoltato all’uscita dalla metro, mentre mi apprestavo a raggiungere l’ingresso Est del quartiere fieristico Rho Fiera Milano, per il giorno inaugurale della sessantunesima edizione del Salone del Mobile.

Nell’immaginario comune, l’Italia, e Milano in particolare, si associa intrinsecamente alla parola design: una Silicon Valley della poltrona e della lampada, in posizione magari climaticamente sfortunata, ma al centro di tanta industria strategica. Grazie ad un connubio che fonde bellezza e funzionalità in egual misura, ad oggi, il Made in Italy è entrato con merito nelle case e negli uffici di tutto il mondo. Che si tratti di raffinati lavori realizzati da artigiani italiani, venerati da sempre per la loro meticolosa attenzione ai particolari, delle linee eleganti di moderni mobili o di intricati dettagli delle soluzioni di illuminazione. Un’associazione mentale, quella Milano=design, che in un particolare momento dell’anno diventa fisica e tangibile: si tratta della settimana del Salone Internazionale del Mobile, banco di prova per i designer di oggi e le icone di domani, quando appassionati e professionisti di tutto il mondo si riuniscono per esporre i propri migliori prodotti. Dal mobile, protagonista indiscusso, agli accessori per cucina e illuminazione.

A partire dal 1961, anno di nascita, il Salone del Mobile ha progressivamente conquistato, mantenuto e negli ultimi anni persino rafforzato il titolo di manifestazione del settore design più importante d’Europa. Nonostante il complesso quadro geopolitico mondiale degli ultimi anni abbia limitato i rapporti con alcuni mercati (quello russo in particolare), l’edizione sessantuno del Salone non ha rinunciato alla propria vocazione internazionale, attirando visitatori e buyer provenienti da numerosi paesi extra Unione Europea: fra tutti Cina – che è tornata a essere il primo Paese per rappresentanza dopo l’Italia -, USA, Brasile, Emirati Arabi, India e Gran Bretagna post Brexit. Il successo indicato dai numeri, su cui non mi soffermerò, rafforza il profondo valore della manifestazione quale palcoscenico internazionale della creatività, nonché forum prezioso per aziende, designer e addetti ai lavori per riflettere sulle sfide della contemporaneità attraverso progetti e pratiche in grado di innescare azioni di cambiamento.

Salone del Mobile 2023, l’inaugurazione con la premier Giorgia Meloni

Se, come chi scrive, si partecipa per la prima volta al Salone del Mobile, l’impressione, quasi immediata, è quella di trovarsi come in un frullatore: tantissimi espositori, camminate interminabili, ore in piedi, innumerevoli strette di mano e una serie smisurata di eventi a cui partecipare, dentro e fuori i padiglioni della fiera.

Fin dal primo giorno mi è stato spiegato che tra le novità più significative dell’edizione 2023 vi è una riprogettazione della struttura interna della rassegna: un unico livello per tutti gli espositori, posizionati seguendo un rigoroso criterio di affinità e coerenza. In altre parole, si percorre la grande navata centrale al piano strada, il corso che unisce e collega tutte le porte di accesso, per entrare e uscire da una hall all’altra senza soluzione di continuità. L’obiettivo della nuova pianta, assente di verticalità, è quello di incoraggiare l’incontro e la condivisione.

Fra le installazioni in fiera e i cartelloni pubblicitari in giro per la città lo slogan che più mi colpisce recita: “Furniture is the new fashion”. A pensarci, è vero: durante gli anni di pandemia appena trascorsi, le vendite di mobili e di arredi di design hanno visto una crescita senza precedenti, e il trend positivo non sembra essersi ancora esaurito. Vincolati dentro le proprie mura domestiche, fra smart working, lezioni scolastiche online e una serie infinita di attività “da casa”, dalle messe alle cene, sempre più persone hanno rafforzato il desiderio di rendere i propri ambienti il più eleganti possibile, volgendo lo sguardo al design, all’innovazione tecnologica e al comfort.

I mobili e l’interior design di alta qualità non sono più stati solo una scelta dell’alta società per mostrare il proprio gusto agli ospiti a cena. Il design degli interni si è democratizzato. 

Partendo dal processo di democratizzazione appena esposto e con l’obiettivo di trasmettere informazioni al più alto numero di persone, persino l’arredo – mobile, luce, o complimento che sia -, punta così su una spiccata, e per certi versi inedita, capacità narrativa. Si mira a colpire con le storie dei prodotti, così come la loro presentazione, comunicando la propria identità come brand e differenziandosi dalla concorrenza. Perché pure le storie di design, quelle ben scritte, catturano e attraggono, permettendo una più facile interazione fra pubblico e prodotto. Tutto il resto passa in secondo piano (alle volte, pure la funzionalità del prodotto).

Salone del Mobile 2023

Filo conduttore della fiera il connubio tra benessere e sostenibilità. I colori chiari, che prevalgono, evocano atmosfere calde e accoglienti, ricercate anche attraverso un uso intelligente della luce. Poi tanto verde, espressione chiara di un’esigenza esplosa negli ultimi due anni: vivere in contatto con la natura, anche e soprattutto in città, in risposta della quale le aziende hanno introdotto (o rinnovato) collezioni outdoor, in grado di mettere in relazione diretta interno ed esterno dell’abitazione.

Ancora, forse la tendenza che più colpisce, mobili che dividono intere abitazioni senza muri: tecnicamente si tratta di realizzare sistemi di boiserie contenitive che, posizionandosi a centro stanza, inglobano porte o armadi e permettono così di separare un ambiente grande senza ricorrere a lavori strutturali. Tantissimo vetro (piedi in vetro, lampade in vetro, ante in vetro, porte in vetro, partizioni in vetro), materiale nobile e del tutto riciclabile, che mai passa di moda e dona una grande luminosità e preziosità all’ambiente, e, non da ultimo, una minuziosa attenzione ai particolari, visibile anche all’occhio non esperto. Mass market e basso livello qui non trovano spazio.

Al centro ideale della manifestazione la sostenibilità. Tema verso il quale si promuove un rinnovato impegno e che ogni stand attraversato notifica, almeno a parole, fra le proprie priorità. Al fine di rendersi più eco-compatibili, le aziende si impegnano a favorire la circolarità e il riutilizzo negli allestimenti, materiali a basso impatto, prodotti facilmente disassemblabili – e perciò più facili da conferire alle riciclerie per dare loro una seconda vita -, sicurezza e accesso per tutti, una filiera tracciabile e una comunicazione chiara e trasparente.

In cuor mio, però, so bene che ridurre l’impatto mentre si persegue la crescita è raramente una strategia efficace nell’ambientalismo e che giunti a questo punto “fare meno danni” non è più sufficiente. A voler essere pedante poi, considerando che il Salone del Mobile 2023 conta un totale di 1.962 espositori provenienti da tutto il mondo con i loro mobili e componenti di arredo, mi chiedo quanto carbonio sia servito per trasportare tutto ciò, oltre che per produrlo. Abitualmente la fiera attira più di 370.000 visitatori specializzati da più di 188 paesi, circa 5.000 giornalisti e poco meno di 30.000 membri del pubblico. Si tratta di molte miglia aeree.

Eppure trovo interessantissimo vedere il modo con cui le aziende affrontano il problema. Ci sono molte strategie differenti. Nei cinque giorni trascorsi in fiera mi sono reso conto che non solo i prodotti sono ecosostenibili, ma anche gli stand stessi (in buona percentuale) sono progettati e realizzati con strutture totalmente riciclabili che permettono di ridurre in maniera significativa le emissioni di CO2. Questo approccio riguarda anche la comunicazione, la distribuzione, il trasporto e la presentazione dei prodotti. L’impegno sembra autentico.

Sull’argomento la speranza di chi scrive è tripartita fra: l’emergere di giovani designer più preoccupati di risolvere i problemi del mondo che di progettare il prossimo bestseller; innovazioni materiali che potrebbero finalmente liberarci dal modello lineare prendere-fare-sprecare; marchi che non solo fanno meno danni, ma lavorano davvero a beneficio delle persone e del pianeta. Può sembrare utopico, ma dato per vero che la settimana del design di Milano è la più grande vetrina del design al mondo, se non esplora soluzioni creative ai maggiori problemi del mondo, allora non sono sicuro di cosa stia facendo.

Materiali riciclati al Salone del Mobile 2023

Fra i padiglioni di Rho, nei sei giorni di fiera, non si vende quasi nulla. Tutto si fonda sullo scambio, sulla relazione fra designer e industria, fra buyer commerciale e aziende produttrici. Incontro e scambio di idee.

I vorticosi giorni appena trascorsi testimoniano invece il carattere più funzionale e intraprendente di Milano, che alla retorica delle parole e delle immagini sul web preferisce i fatti. Riemerge dalla foschia quel culto del fare che per decenni ha dominato a Milano e che in tempi recenti si è progressivamente trasformato in un affaccendamento rivolto principalmente alla rappresentazione, secondo quell’insostenibile Modello Milano che scricchiola sempre più.

Dietro l’aspetto più cool della Design Week, quello delle centinaia di eventi e delle installazione del Fuorisalone che si presentano benissimo sui social, quello più legato alla comunicazione del design, accompagnato da comunicati stampa, spuntini a scrocco fra le vie della città, ridicoli gadget o tote bag spesso non riciclabili, si nasconde fortunatamente molto di più, e sono i segnali di una trasformazione profonda. Per sostenere la creatività – che come sanno gli imprenditori non si regge da sola – ci sono ricerca, intelligenza, sperimentazione.

La transizione ecologica e l’economia circolare stanno trasformando anche il mondo dell’abitare. La luce è accesa soprattutto sui materiali, nell’intero ciclo di vita dei prodotti – per cui saranno presto indispensabili policy adeguate per la loro trasformazione. La sfida, a dir poco ardua, offre la possibilità di pensare in modo diverso, di trovare nuove logiche. E sebbene l’anima del design raccontata al Salone del Mobile resti ancora il legno, è in atto una profonda conversione fra gli imprenditori, mentalmente aperti ad un materiale plurale, nuovo, dal nome suggestivo: sostenibilità.

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