La seconda ondata colpisce la terra del sole, del mare e del vento, ma la trova impreparata. Emiliano chiude le scuole e scatena le proteste di sindacati, genitori e insegnanti.

Il Dpcm del 24 ottobre fissa la quota del 75% per la didattica a distanza e lascia la possibilità alle regioni di prendere provvedimenti più restrittivi. Emiliano, di fronte all’aumento dei contagi, annuncia la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado dal 30 ottobre al 24 novembre. L’attività in presenza è prevista solo per i laboratori e per la frequenza di bambini con bisogni educativi speciali. Nell’ordinanza regionale si fa riferimento alla difficoltà di tracciamento del sistema sanitario: “il numero dei casi rilevati in ambito scolastico rappresenta altrettanti potenziali cluster familiari o comunitari, oltre a generare un elevatissimo carico di lavoro per le attività di contact tracing territoriale e per i laboratori di analisi”.
Le proteste e la mancata trasparenza
Genitori e sindacati protestano dicendo che gli studenti sono solo vittime sacrificali, il problema è la cattiva gestione dell’emergenza sanitaria. Sulla stessa linea d’onda la ministra Azzolina ricorda che i contagi nelle scuole sono irrisori (solo 417 studenti contagiati su una popolazione di 562 mila), poi si rivolge ad Emiliano: “le riapra subito, il problema non sono gli istituti, ma la sanità regionale”.
La replica di Emiliano non tarda ad arrivare: “Abbiamo verificato che l’aumento dei contagi è coinciso con la riapertura delle scuole” giustificando la sua decisione con un presunto appello dei pediatri pugliesi (subito smentito dagli stessi pediatri), e non fornendo dati a sostegno del provvedimento. Dati che non sono forniti neanche dall’assessore alla sanità pugliese Lopalco, che il 16 ottobre dichiarava: “dovremmo dimostrare che la scuola si stia dimostrando un amplificatore del virus e questa evidenza non l’abbiamo”.
L’evidente contraddizione fa sorgere dubbi sulla fondatezza scientifica del provvedimento e, soprattutto, sulla considerazione che Emiliano ha degli studenti pugliesi e dei cittadini in generale. Ogni misura restrittiva dovrebbe essere sostenuta da dati che permettano di verificarne l’efficacia, ma non è chiaro come la chiusura delle scuole possa portare a un miglioramento della situazione sanitaria rispetto ad altri provvedimenti.
L’impreparazione del sistema sanitario regionale
L’unica certezza è l’impreparazione disarmante del sistema sanitario regionale: la Puglia è l’ultima regione per numero di tamponi. Il 16 ottobre Emiliano annuncia il ricorso ai drive-through: “in Puglia aumenteremo i drive-through e le persone potranno decidere di andare a fare il tampone perché noi non siamo più in grado con il contact tracing, abbiamo più di cento richieste in sospeso. Questo non significa che dobbiamo tutti andare a fare il tampone, perché deve esserci una indicazione medica. Se non c’è una indicazione sanitaria è giusto che tu vada dal privato e paghi il tampone”. Emiliano e il professore Lopalco si sono resi conto con estremo ritardo che, per tenere sotto controllo la diffusione del virus, non bastano i tamponi ai sintomatici o ai contatti stretti (solo 6000 tamponi quotidiani), ma servono tamponi anche agli asintomatici. Dunque, dopo mesi di divieto, Emiliano cambia idea e decide che è giusto permettere ai cittadini di “togliersi il dubbio” e il 22 ottobre autorizza i laboratori privati ad effettuare tamponi a pagamento.
Questo approccio raffazzonato equivale a rincorrere il virus, in una regione dove, pochi mesi fa, tirava tutt’altra aria. Se quest’estate Emiliano invitava i turisti in Puglia perché, a detta sua, i contagi covid erano praticamente a zero e dispensava bonus matrimoni (sempre per favorire il turismo), oggi deve ammettere che la Puglia non è immune al virus.
La rivelazione arriva troppo tardi, e la confusione spinge il Presidente a scegliere la soluzione più facile: fare “qualcosa”, dare un segnale d’esistenza per proteggere la salute dei cittadini pugliesi. Ecco che diritto all’istruzione va in fumo, e i genitori vanno in panico perché, lavorando, non sanno a chi lasciare i figli. Poco importa, chi non può permettersi una babysitter lascerà il figlio dai nonni: la ricetta perfetta di una catastrofe.
Concorso di colpa
Nel frattempo, la condizione delle terapie intensive si fa preoccupante. Ad agosto Emiliano annunciava il nuovo piano ospedaliero per la Puglia in vista della seconda ondata: “passeremo da 304 posti letto di terapia intensiva a 580, raddoppiando la nostra capacità con 276 nuovi posti di rianimazione”. Oggi sono disponibili 62 posti aggiuntivi, in tutto 366: solo 9 posti per 100 mila abitanti.
Questo dato è decisamente sotto la soglia di sicurezza stabilita dal governo nel decreto rilancio il maggio scorso, ovvero 14 posti letto in terapia intensiva ogni 100 mila abitanti. La colpa del ritardo è, però, da attribuire ad Arcuri: i piani ospedalieri regionali sono stati consegnati al governo quest’estate ma il commissario ha firmato le deleghe per i lavori soltanto ad ottobre. Emiliano è stato nominato sub commissario per la Regione e sarà, quindi, responsabile del potenziamento della struttura ospedaliera pugliese. Arcuri è stato chiaro: “la delega sarà piena”, il governo “controllerà” soltanto.
Dati i precedenti coi tamponi, cosa succederà se Emiliano non riuscirà a garantire la realizzazione del piano? Il governo potrebbe sostituirsi alle regioni (come prevede l’articolo 120 della Costituzione) in modo tale da garantire i livelli essenziali di assistenza “nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”, ma preferisce lavarsene le mani.