Marinella Rusmini/Wikimedia Commons

L’ILLUSIONE DEL SINGOLO: DA CRISTO AL CLIMATE CHANGE

19 Ottobre 2021

L’illusione, secondo cui possiamo risolvere le grandi sfide del millennio facendo ognuno del nostro meglio, è deleteria e sconfina nell’auto sabotaggio. Tra pandemie, scarsità delle risorse, e cambiamento climatico il mondo sta bruciando. A fronte di problemi che sono di carattere sempre più marcatamente globale, la nostra risposta non riesce ad andare oltre allo scoglio dell’individualismo. Sia esso dei singoli, delle categorie professionali o perfino delle nazioni, fa ben poca differenza. Ciò che conta sembra essere la difesa del proprio interesse egoistico.

L’ORIGINE DELL’ILLUSIONE

Gli antichi greci pensavano il tempo in modo circolare. Per tracciare una linea di demarcazione tra un prima e un dopo, possiamo dire che da Sant’Agostino in poi abbiamo invece iniziato a considerare il tempo come una linea retta, una freccia scoccata verso il futuro. Nell’ultimo secolo, questa freccia ha preso sempre più velocità. Ciò che questa mattina è futuro, a fine serata avrà già un sapore di stantio, di polvere. Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris dice la Genesi. Polvere sei e polvere ritornerai dunque, ma noi stiamo giocando d’anticipo. Polverizziamo tutto ciò che ci circonda nell’illusione di poterci salvare da un mondo ostile, quando l’unica cosa da cui forse potremmo (dovremmo?) salvarci è noi stessi.

I contemporanei di Pericle non si sbagliavano e il tempo gioca secondo delle regole che non seguono il principio di linearità. La memoria di un evento passato, ad esempio, se non passa attraverso il filtro della rielaborazione e del pensiero, tende a perdersi. Così, a sua volta, il fenomeno di cui la memoria era custode tenderà a ripresentarsi. Conseguentemente, anche le aspirazioni e i moti di un popolo si ripresenteranno, di volta in volta secondo fogge diverse.

LA TRADIZIONE CRISTIANA

Se guardandosi attorno, la sensazione è quella di trovarsi nel pieno ritorno degli anni ’80, possiamo stare tranquilli, un salto indietro nel tempo non c’è stato. Il punto è che non abbiamo ancora fatto i conti con una cultura individualista, che negli anni ’80 ha trovato terreno fertile per radicarsi fortemente nel tessuto sociale. A ben vedere, le radici dell’individualismo in stile yuppie che abita ognuno di noi, sono da ricercarsi addirittura nel cristianesimo. Come illustra il filosofo e divulgatore Galimberti, la prospettiva del cristianesimo è incentrata sull’anima. La meta finale e senso della vita stessa, è infatti rappresentata dalla salvezza della nostra anima.

Tenendo questo bene a mente, non stupirà l’adozione, da parte della nostra società, di una concezione del tempo lineare, dove ci sono un prima (peccato originale), un adesso (redenzione), e un domani (salvezza) ben definiti. Non stupirà nemmeno la costruzione di una società – impregnata per quasi duemila anni di schemi derivanti direttamente dal cristianesimo – attorno al concetto di persona, di individuo. Non ci stupirà nemmeno, vederci intenti a cercare la soluzione nel nostro piccolo mondo individuale, sebbene i problemi siano inconfutabilmente collettivi.

Questa visione del mondo, detta senso e ritmo alle nostre vite e di conseguenza alla nostra società. E che gli atei non pensino di esserne avulsi. La prospettiva cristiana, secondo cui la persona è al centro del mondo, è ormai secolarizzata da molto tempo. La stessa scienza pone il progresso (una forma di salvezza futura) come orizzonte del proprio sistema.

L’ILLUSIONE DI CONTARE

Questa narrativa illusoria ha contagiato tutti gli ambiti del nostro pensare occidentale. Un esempio fra tutti, è sicuramente la lotta al cambiamento climatico, ma lo stesso si può dire delle molte ingiustizie in giro per il mondo. È molto tempo ormai, e in alcuni casi si può parlare addirittura di decenni, che facciamo la raccolta differenziata, ricicliamo la plastica, compriamo per quanto possibile prodotti biologici, organici, vegani, certificati Fair Trade e chi più ne ha più ne metta. Il risultato? Nulla sembra cambiare e iniziamo perfino a dubitare di riuscire mai a fare qualcosa. Uno sconforto che può portare all’auto sabotaggio delle nostre energie migliori. Nel frattempo, continuiamo a coltivare l’illusione che se ognuno di noi fa la cosa giusta, allora ci salviamo tutti. La bugia più grande del nostro tempo è l’illusione che la salvezza collettiva sia il diretto risultato della salvezza dei singoli.

Fair trade logo
Fair trade: un’illusione? (Wikimedia Commons CC BY-SA 3.0 DE)

Come uscire allora da questa trappola, come smontare questa illusione? Innanzitutto, è bene prendere le misure, evitando di cadere in un’altra trappola, quella che ci spinge a ragionare per opposti. Da un lato c’è l’impegno individuale, dall’altro ci aspetta il nichilismo.

LA CONSAPEVOLEZZA DI NON CONTARE

Quando il problema sembra insormontabile, probabilmente è proprio lì che si annida la soluzione. Se la conclusione è che nessuno con il suo piccolo contributo può incidere efficacemente sullo status quo delle cose, allora, proprio perché nessuno conta ed è in grado di cambiare da solo la realtà, possiamo iniziare a pensare di abbandonare una prospettiva individualistica.

Anche porre la questione in termini binari, individuo verso collettività, non è del tutto corretto. A ben vedere si tratta di due piani che non sono in contraddizione l’uno con l’altro. Infatti, l’essere un cittadino consapevole non va a ledere l’azione collettiva, al contempo l’azione collettiva non impedisce necessariamente la libertà del singolo di agire.

Quello che serve è probabilmente un cambio di paradigma culturale dove il singolo non sia più considerato un’entità separata dalla collettività e in conflitto con essa. Nel caso delle lotte ambientali, si può intravedere la soluzione nel cambiare approccio ed abbracciarne uno più radicale, che consideri noi stessi parte dell’ambiente, e lo stesso ambiente come una complessità che tutto comprende. Ciò comporta la necessità di abbandonare l’attuale visione, generalmente accettata sia dai singoli attivisti che dai movimenti per l’emergenza climatica, per cui l’ambiente risulta come appendice di un mondo a misura d’Uomo, come natura separata dal resto della realtà che ci circonda.

La visione antropocentrica attuale, figlia della tradizione cristiana e generatrice di un individualismo spinto, produce l’illusione derivante dal pensiero che le nostre azioni abbiano una ripercussione diretta in rapporto uno a uno se non maggiore.

Spesso non è così, e se capita che un singolo individuo lasci il segno con un suo singolo gesto, si tratta delle famose gocce che fanno traboccare il vaso, quelle che per prime escono dai confini tracciati e si tirano dietro tutte le altre.

La sfida che resta aperta, è quella di organizzare le gocce in un flusso unico, in grado di cambiare la realtà circostante.

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