Tra le storie assurde che animano la politica italiana c’è una nuova novella: Calenda il puro contro Lady Demonique, la dominatrice che bestemmia. Il leader di Azione in pochi giorni si è cimentato in uno slalom olimpico tra occhiolini libreschi al socialismo, quello libbberale si intende, e vesti stracciate per la candidatura di una sex worker a Como. Il riformismo si è inceppato di nuovo, ohibò, nell’ennesima polemica a metà tra l’assurdo e l’irrilevante che, tuttavia, tra le pieghe nasconde qualche riflessione interessante.
Calenda il pater familias
Dentro Azione non si muove foglia che Carletto non voglia, nonostante tutti tentativi di mostrare pubblicamente il contrario. Le modalità con cui la candidatura di Lady Demonique, al secolo Doha Zaghi per chi non frequenta assiduamente PornHub, è stata annullata non è altro che l’ennesimo sintomo di questo difetto.
Una volta presa consapevolezza della sua professione e di alcuni atteggiamenti blasfemi in un video, grazie a una solerte segnalazione sui social, Calenda ha preso subito posizione: “domani me ne occuperò”. Nel giro di poco l’opinione pubblica di mezzo mondo si è spaccata: Calenda deve permettere la candidatura di una dominatrice?
Andrea Luppi, ormai ex coordinatore comasco di Azione, si è dimesso dalla civica Agenda Como 2030 a causa della decisione unilaterale di Calenda. I malumori non sono finiti qui e non si sono limitati a questioni di metodo. Si è aperta una polemica anche con Più Europa, co-promotrice della lista a Italia Viva e Volt, e soprattutto partner federato ad Azione. Giordano Masini, coordinatore della segreteria nazionale di Più Europa, ha espresso solidarietà verso la ex candidata, sostenendo che i sex worker sono lavoratori come tutti gli altri e quindi da non discriminare, così come l’aspirante sindaca del centrosinistra Barbara Minghetti.
La competenza prima di tutto, ma è davvero così?
Molti hanno sindacato sulla scelta di Calenda: un liberale agisce in questo modo? La risposta è scontata ed ovviamente è no. Ammantato dal perbenismo borghese all’italiana, ha dimostrato di trovare indigesta la candidatura di una sex worker che, bontà sua, è disposta anche a bestemmiare a pagamento. Signora mia, dove finiremo?
Il leader, o meglio, il deus ex machina di Azione ha provato a nascondersi dietro alla competenza, anzi alla presunta incompetenza della Zaghi. “Altrimenti siamo come i grillini”, ha detto. Ma le cose stanno davvero così? Non per tutti. Stefano Bucello infatti, avvocato già candidato nella Lista Civica del Sindaco di Milano Beppe Sala, non è d’accordo. Amico della mistress, ha spiegato che “Doha aveva scelto di candidarsi con Azione in quanto liberale”. “Accolta dai liberali di Azione a braccia aperte – aggiunge Bucello – anche Calenda era perfettamente informato”. Il suo obiettivo sarebbe stato quello di “portare all’attenzione dell’opinione pubblica il tema del riconoscimento giuridico e fiscale delle sex workers”. Quindi la candidata era competente per l’ambito di cui prometteva di occuparsi. Ohibò, il perbenismo ha mietuto un’altra vittima.
Tra bestemmie e rispetto
Perbenismo che tutt’ora pervade l’italica gente, spesso senza che i diretti interessati se ne rendano conto. Nella questione se sia più o meno decoroso candidare una sex worker non ci addentriamo per ovvietà di conclusioni. Il bestemmia-gate, invece, è una questione molto più sottile e per questo non scontata.
Parliamoci chiaramente: nel 2022, in uno Stato che vorrebbe essere laico, la bestemmia non dovrebbe generare alcuna reazione isterica. La motivazione è squisitamente semplice e non bisogna avere paura di dirla ad alta voce, soprattutto se ci si ritiene liberali: non siamo obbligati a rispettare dio. In questo caso dio non significa solamente l’Essere Supremo che tutto regola e tutto sa. Ma si parla del più ampio insieme di riti, comportamenti, tradizioni e costumi sviluppato nei secoli e che per molti, pure non credenti, ha una certa aura di inviolabilità e purezza spiegabile, nei fatti, solo dal fascino mistico che trasmette.
Siamo però obbligati, non (e sia mai!) dalla legge ma dalle minime regole di convivenza civile tra esseri umani, a rispettare la fede di ognuno. Il come è piuttosto semplice e intuitivo. Una bestemmia, a qualsiasi divinità sia riferita, si può considerare un’offesa per il credente se non è chiaramente un metodo di scherno e denigrazione per la fede? Se non è utilizzata in luoghi e momenti in cui è presente, o è molto probabile che vi sia, qualche tipo di fedele? Infatti, nessuno deve essere obbligato, nemmeno moralmente, a essere colpevole se esercita il suo odio o non rispetto per dio nel proprio privato, con e verso persone che non vengono toccate nei sentimenti da una bestemmia.
Al contrario, farlo in luoghi sacri, durante riti o in presenza di fedeli è un chiaro segno di intolleranza e scherno e merita di essere colpito con il massimo sdegno. Chiaramente, un credente può manifestare tutto il suo malcontento per l’insulto ricevuto, ma non chiamare a raccolta i vessilli di guerra se ciò accade nelle condizioni sopra citate.
L’importanza del contesto
Ciò detto, veniamo al dunque. Doha Zaghi è stata sì blasfema e ha bestemmiato, ma in un luogo (Pornhub, uno dei più grandi siti porno al mondo) in cui è assolutamente prevedibile imbattersi in contenuti di quel tipo e quindi evitabili da persone suscettibili ad essi. Qualcuno puntualizzerà che Lady Demonique ha bestemmiato pure su Twitter. Questo social ha le caratteristiche di una grande piazza pubblica e non di un luogo per contenuti specifici come Pornhub. L’obiezione è corretta, e chiaramente non è il massimo del rispetto bestemmiare in piazza. Tuttavia, l’utilizzo della bestemmia come intercalare, se contenuto nel tempo, è comprensibile e, ormai, sdoganato. Dal punto di vista del non credente, ricordiamolo, è solo una generica interiezione priva di qualsiasi significato denigratorio.
Caso ben diverso sarebbe stato se Zaghi fosse andata in chiesa urlando a squarciagola qualche aggettivo poco ossequioso verso Dio. Oppure se avesse girato il video sotto accusa in piazza San Pietro o in qualsiasi luogo pubblico, ma anche se avesse offeso direttamente i credenti in veste di consigliere comunale. Così non è successo, e allora perché Zaghi è stata crocifissa (giusto per rimanere in tema) non solo dalla destra becera che ci ritroviamo ma da tutti i benpensanti, Carlo Calenda in primis, perché il suo atteggiamento “non è decoroso”?
Tra perbenismo e bigottismo non c’è solo Pillon
Perché l’Italia è davvero un Paese bigotto, in cui si presuppone che l’intera collettività, sempre che esista, aderisca a determinati valori e comportamenti. Ovviamente non valori scelti a caso, ma quelli che impregnano usi e costumi perbenisti propri tanto dei tanto vituperati reazionari quanto delle elitès buone. Questo è ciò che unisce Pillon a Calenda e, scusate, non è poco.
Ed è deprimente vedere Calenda in versione angelo della giustizia divina che si slancia contro una sex worker perché bestemmia e fa video porno. In fin dei conti si tratta pur sempre del segretario di un partito che vorrebbe modernizzare davvero questo disgraziato paese. Ma ha dimostrato una volta di più che gran parte della nostra classe dirigente (o più in generale la cosiddetta “smart fraction”) è ancora attaccata a stereotipi e precetti che oggettivamente non fanno più parte del nostro tempo.
Non basta essere favorevoli all’eutanasia o all’adozione da parte di coppie omosessuali per essere moderni. Bisogna difendere tutte le Doha Zaghi di questo mondo da questi soprusi culturali. Bisogna difendere il nostro diritto a non rispettare dio (previo quanto scritto sopra) o girare video porno ed essere pagati per frustare clienti più che soddisfatti continuando a sentirsi parte della comunità e aspirando a poterla rappresentare. Certo è che se il fuoco amico non smette, il compito è decisamente arduo.