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DONDA: LA DECIMA VENUTA DI KANYE WEST

14 Settembre 2021

Alla fine è davvero arrivato. Dopo quattro rinvii, tre listening parties e una quantità esagerata di hype accumulato, Donda, il decimo album solista di Kanye West, è uscito il 29 agosto 2021 in quella che si può considerare la sua versione “finale”. Come sempre, quando si traggono le somme di un album così tanto atteso (a maggior ragione se ideato da una figura particolarmente controversa come Kanye West) le opinioni sono più divisive che mai. È il disco dell’anno o un schifezza mediocre? Cambierà la storia della musica o ce ne dimenticheremo tutti nel giro di qualche settimana? Kanye West è destinato a vincere l’ennesimo grammy o ha pisciato definitivamente fuori dal vaso?
Diciamo subito che no, Donda non è il disco dell’anno. Non è nemmeno tra i migliori dischi di Kanye West. Tuttavia, Donda è il miglior disco che l’artista di Chicago potesse scrivere nello stato in cui versa ora.

DONDA BEGINS

Il disco, intitolato alla defunta madre di Kanye, ha origini alquanto lontane. Alcuni brani, per dare l’idea, erano stati scritti per Yandhi, opera fantasma – datata 2018 – che mai vide ufficialmente la luce. Parte di Yandhi venne convertita in Jesus Is King, mentre i brani esiliati dalla scaletta sopravvissero (e sopravvivono) nel web e nei cellulari o PC degli aficionados. Nel mese di maggio 2020 iniziarono a circolare voci sul fatto che West stesse lavorando a un nuovo progetto intitolato God’s Country. A luglio, un tweet dello stesso Kanye spoilerò l’uscita del disco (rinominato Donda) e di un film-documentario, fissata per il 24 luglio. “Sorprendentemente”, né l’uno né l’altro vennero rilasciati.

Dopo quasi un anno di silenzio, Kanye riportò in vita le speranze dei fan rivelando una nuova data di uscita: il 23 luglio. La notte del 22 luglio venne tenuto il primo listening party, atto a presentare – in diretta su Apple Music – l’ultima cogitazione di West. Come facilmente pronosticabile, essa rimase ancora una volta negli archivi del suo creatore. Ye decise quindi di trasferirsi in pianta stabile all’interno del Mercedes-Benz Stadium di Atlanta (sede dei primi due eventi) pur di chiudere il disco una volta per tutte. A seguito di altri due rinvii e altrettanti listening parties, il travaglio di Donda giunse al termine il 29 agosto.

Questo breve sunto sul concepimento di Donda funge da premessa per spiegare l’importanza del contesto nel quale esso si trova ad esistere. Ma facciamo ancora un passo indietro.

https://www.youtube.com/watch?v=A1cs5_A5_ao&t=3961s
Il video integrale del terzo ed ultimo listening party, tenutosi al Soldier Field di Chicago.

IL CONTESTO

All’inizio dello scorso decennio, Kanye raggiunse l’apice artistico della sua carriera: My Beautiful Dark Twisted Fantasy fu un canto del cigno fragoroso, l’equivalente musicale delle ruota di un pavone, una sfarzosissima parata al centro dell’industria discografica. Organizzare qualcosa di più mastodontico era oggettivamente difficile. Ma per Kanye, da grandioso egocentrico qual è, è inconcepibile non avere gli occhi del mondo addosso. E, difatti, sono dieci anni che si diverte a giocare deliberatamente col suo personaggio. La diatriba con Nike per le Yeezy, il sostegno a Trump durante la campagna presidenziale del 2016, la sua stessa candidatura alle scorse elezioni… Situazioni polemiche, talvolta inutili e concettualmente assurde, invettive gratuite e fuori luogo, episodi spesso oscillanti tra il meme e la realtà: Kanye è sempre sulla bocca di tutti.

Sacramento, 19 settembre 2016: Kanye West interrompe un live dopo solo tre canzoni per iniziare un discorso a proposito di politica, industria musicale, Jay Z, Mark Zuckemberg e tante altre belle cose.


Grazie a questa campagna di marketing che trascende i limiti di qualsiasi artista comune, l’uscita di un album di Kanye viene sempre più percepita come una sorta di miracoloso avvento, alimentato all’inverosimile dai deliri euforici di quelli che potremmo definire suoi discepoli. E i dischi, non a caso, da una parte devono riflettere le morbose e spasmodiche manie di protagonismo di Ye, dall’altra hanno bisogno, quasi il dovere di celare qualcosa di caratteristico e unico per rispettare le mirabolanti aspettative del grande pubblico, stuzzicato con insistenza dall’hype e quindi affamato di capolavoro. Per questi motivi, prima Yeezus – chiassoso e nevrotico insieme di istanze elettroniche e industrial – e poi The Life Of Pablo – il primo, folle, prototipo del disco incompleto, mai portato a termine e persistente solo nella sua versione digitale, immateriale – hanno tremendamente scosso le opinioni di critica e pubblico.

Donda è quindi l’ultimogenito partorito in questo lungo periodo di incontrollata anarchia. E anch’esso, come i suoi predecessori, trae la sua linfa vitale dagli eventi che hanno anticipato la sua venuta. Ma alla fine della fiera, com’è il disco?

IL DISCO

A livello strutturale, Donda ricorda molto The Life Of Pablo. Entrambi sembrano pensati più come delle playlist che dei veri e proprio LP: i brani, infatti, appaiono intercambiabili, come se la loro posizione nella tracklist fosse esclusivamente temporanea, pronta a smuoversi e a mutare da un momento all’altro. Ambedue le opere poi, a livello musicale, suonano caotiche, disordinate e particolarmente stranianti in alcuni momenti. Tuttavia, salta immediatamente all’occhio una differenza fondamentale: Donda è decisamente più lungo e corposo.

Sfortunatamente, la durata si rivela davvero eccessiva. A risentirne è soprattutto la sequenza finale dell’album: giunti alle ispiratissime Pure Souls e Come To Life, si rischia di essere troppo stanchi e provati dalle tracce precedenti per godere appieno dell’ascolto.

Il video ufficiale di Come To Life.

Altra grosso problema di Donda è la presenza di alcuni filler, delle canzoni-tappabuco assolutamente non necessarie. Il primissimo esempio è Tell The Vision, un tributo malriuscito – e per di più censurato – a Pop Smoke la cui voce sembra provenire da un file audio di infima qualità rubato al mercato nero digitale. Altra creazione davvero mal riuscita è Remote Control, il cui motivetto principale è fastidioso a livelli estremi. Non mancano infine puntate semplicemente anonime, come Ok Ok e Jonah.

Il lyric video di Tell The Vision, nella versione dell’ultimo album postumo di Pop Smoke. Sicuramente meglio della sua controparte.

Malgrado ciò, Donda riesce a esprimere con veemenza i suoi punti di forza. La partenza – esclusa la intro Donda Chant, forse uno strambo tentativo di Kanye di memare – è furiosa: il ritorno di Jay Z in Jail è sontuoso, così come le reminiscenze marcate Yeezus in God Breathed e la spocchia ultraviolenta di Fivio Foreign in Off The Grid. Le vocals angeliche di The Weeknd e il flow tempestivo di Lil Baby rianimano la decaduta Hurricane, prima di passare il testimone a Don Toliver e Kid Cudi nell’eterea Moon. Gli ospiti si divertono, danno il meglio di loro. Jay Electronica è enorme nella meravigliosa di Jesus Lord, al contempo i membri di Griselda sfoggiano le loro skills nell’ottima Keep My Spirit Alive.

In questo tweet del 27 settembre 2018, Kanye utilizza una versione primordiale di Hurricane per promuovere l’imminente arrivo di Yandhi.

Kanye, d’altro canto, si regala diverse performance di rilievo, tra cui le già citate Jesus Lord e Come To Life. Alcune delle sue prove liriche sono squisite, taglienti e coincise come ai tempi migliori. Anche le tematiche principali, come la devozione pressoché totale a Dio, il lutto mai superato della madre e la rinascita spirituale, sono ben gestite a livello di scrittura. Purtroppo, la prolissità temporale contamina anche i testi: Kanye allunga il brodo più di quanto dovrebbe, e il risultato finale è un’elucubrazione un po’ troppo ridondante sulla religione cristiana.

Perciò, come si può valutare Donda? È difficile offrire una disamina definitiva su un disco simile in così poco tempo. Tuttavia, come scritto nell’incipit, una cosa è certa: considerando le strategie adottate da Ye negli ultimi anni, nonché i ben noti problemi di salute mentale che lo affliggono, era ben difficile aspettarsi un disco migliore (ma anche peggiore) di questo. È un disco sufficiente, caratterizzato da ottime idee e da alcune canzoni già definibili come instant classic, ma purtroppo annacquato da un bisogno sfrenato di colmare un vuoto inesistente. L’impressione è che Kanye stia forse sferzando le stoccate finali della sua strepitosa carriera. Lo spazio sempre maggiore dedicato ai collaboratori lo dimostra, così come la confusione generale che alberga costantemente negli ultimi progetti. Ma ehi, stiamo parlando di Kanye West. Domani potrebbe droppare a sorpresa un nuovo album, cancellarlo immediatamente dalle piattaforme e annunciare un tour mondiale in compagnia di Marylin Manson. Tutto è possibile.

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