engin akyurt/Unsplash

IL COVIDDI C’È E LE COSE SONO UN PO’ PIÙ COMPLESSE

18 Ottobre 2020

Qualche anno fa uno dei più bei film di Sorrentino dava vita ad un Giulio Andreotti misterioso e abile, a tratti simpatico e serio. In una delle scene più contemporanee della politica un neo direttore di Repubblica Scalfari intervistava (o, meglio dire, interrogava) Giulio Andreotti collegando con un interessante e veritiero gioco tra causalità e casualità alcuni dei drammi che il Paese aveva attraversato durante i premierati Andreotti alla sua figura. L’idea era dipingere Andreotti come un mostro, idea poi rispedita al mittente dal Presidente che gli fa notare che se Repubblica esiste è anche merito suo. Il dialogo si conclude con uno Scalfari che commenta “guardi che le cose non stanno esattamente così: la situazione era un po’ più complessa” e un prontissimo e cinematografico Andreotti schiaccia la palla con un’argomentazione che andrebbe scolpita nella pietra e inserita nei manuali fatti studiare a chiunque voglia affrontare discorsi o dibattiti politici “Ecco. Lei è abbastanza perspicace e l’ha capito da solo; la situazione era un po’ più complessa. Ma questo non vale solo per la sua storia: vale anche per la mia”.

Da giorni su twitter e anche qualche giorno fa in un interessante intervento sulle “pagine” di questo blog si cerca di trattare in modo a mio avviso semplice la gestione emergenziale del Covid-19, o meglio della seconda ondata. Della seconda ondata se ne parla da marzo-aprile, perché storicamente le pandemie l’hanno quasi sempre vista accadere. Autunno è una stagione complessa per molti punti di vista, primo tra tutti l’influenza che ci rende deboli ai primi freddi e i frequenti sbalzi di temperatura ci obbligano a dure prove fisiche. Queste sono banalità che chiunque, anche chi non ha studiato medicina, può constatare.

Ora andiamo alla questione covid-19: in questo momento la seconda ondata sta attraversando tutta Europa. La Francia conta decine di migliaia di nuovi casi al giorno. 30mila nella giornata di giovedì 15 ottobre. Nelle ore in cui si scriveva l’articolo “il coviddi c’è ma solo dove vuole il governo” Macron decideva il coprifuoco a Parigi e in altre metropoli del Paese dalle 21:00 alle 6:00 di mattina per sei settimane, il liberista Rutte chiudeva bar e ristoranti mettendo un limite alle feste private a tre componenti (commentando con un illiberale “così si evitano feste di compleanno”), la Merkel in conferenza stampa si appellava ai giovani tedeschi chiedendo di non fare feste in casa per qualche settimana e agitando il mostro di ulteriori chiusure e pure di divieti di pernottamenti in tutto il territorio tedesco. Le terapie intensive sono provate in tutto il vecchio continente. È notizia di venerdì mattina che alcuni pazienti covid olandesi verranno spostati in ospedali tedeschi. In Belgio, dove pure è stato istituito il coprifuoco e hanno deciso la chiusura bar e ristoranti per almeno un mese, le terapie intensive occupate sono cresciute su base settimanale del 56%. Dura la situazione pure nel Regno Unito, dove il capo della NHS è stato costretto ad ammettere che nel nord dell’Inghilterra la situazione ospedaliera è peggiore rispetto a quella di marzo-aprile.

Questa è la dura realtà dell’Europa, su cui purtroppo tutti dobbiamo fare i conti. Limitazioni alle feste private violano libertà fondamentali: ma quali limitazione non violerebbe alcuna libertà? Nessuna. E nella bilancia della dura realtà bisogna ahinoi pesare il tutto e decidere cosa iniziare a limitare per cercare di fermare la pandemia. Non esiste una soluzione su cui tutti metterebbero la mano sul fuoco e chiunque si sia mai occupato di politica o politiche pubbliche in vita sua sa che non esistono decisioni senza conseguenze sul piano della realtà. Le decisioni in vitro sono da fantasisti di twitter. Tra queste mi hanno colpito particolarmente le proposte in ambito scuola e trasporti pubblici. Sono due settori di cui mi sono parzialmente occupato in questi mesi per l’ente per il quale sto collaborando, insieme a molti altri livelli. In questi mesi di riunioni e confronti ho avuto l’opportunità di vedere da dentro numeri e dati, valutazioni e difficoltà, che, veramente, la stragrande maggioranza di chi vive fuori non è consapevole neanche lontanamente (e la mia è una delle situazioni più rosee del Paese).

Sulle scuole si è già stata valutata ovunque la possibilità di scaglionare gli ingressi e in alcune realtà è stata provata. Ma applicarlo in tutti gli istituti, fare in modo che delle classi siano occupate la mattina e altre la sera, obbligherebbe ad una ridefinizione del settore mobilità che in pochi mesi è difficilmente attuabile. Bisogna tenere conto che ci sono tanti studenti che si fanno mezz’ora o anche più di bus e necessitano di linee che li colleghi in andata e al ritorno per non discriminarli (non tutti viviamo in città). Bisogna tenere conto che questo obbligherebbe minori a stare a casa da soli -o con i nonni, che in epoca covid non è il massimo- perché i genitori la mattina lavorano. Per non parlare poi della questione personale scolastico che in alcuni casi dovrebbe stare dalla mattina alla sera negli istituti riducendo anche la qualità e la continuità della formazione stessa (tra l’altro chiunque conosce il mondo scolastico può immaginare quanto sia stato complesso attingere a graduatorie e graduatorine per compensare la numerosa perdita di personale fragile o per prepensionamenti). Di questi scogli forse il più “complesso” è quello legato alla mobilità. Il settore trasporti è il tema fondamentale e su cui son stati stanziate enormi risorse. Solo in Emilia-Romagna, la Regione ha potenziato le linee con 5 milioni e 700 chilometri in più rispetto all’ordinario. Sono stati aggiunti 270 autobus. E questo con il limite della capienza dell’80%: immaginate cosa sarebbe accaduto col 50% o anche meno. Vi svelo un segreto: tutte le percentuali di capienza possibili sono state valutate attentamente a più livelli. Le aziende di mobilità hanno raccolto i dati delle provenienze degli studenti nel territorio comparandoli con i dati dei mezzi dei gestori, principalmente privati. Poi il tutto è stato presentato alla Regione che ha stanziato le risorse dopo averle chieste al ministero. A questi sono stati aggiunti i bus turistici (ho letto un sacco di tweet sulla proposta di usare i bus turistici per il trasporto scolastico: un’idea così banale che infatti è già stata attuata) che però, visto che la realtà è più complessa, sono usati principalmente per le percorrenze extraurbane. Le nostre città e centri urbani hanno vicoli e strade troppo stretti per i bus turistici che già prima non potevano accedervi.

Molti scrivono: bisognava aumentare i mezzi. Bravi, come vi ho mostrato è stato fatto. Non ho il polso se sia stato fatto ovunque allo stesso modo perché, ripeto, la mia realtà è più fortunata rispetto ad altre. Ma se anche da noi continuano ad esserci assembramenti alle fermate nonostante tutto quello che è stato fatto temo che altrove la situazione sia peggiore. E quindi? Ne dovevamo prendere di più, scrivete. Bene. In tutta Europa sono richiesti più mezzi da mesi, e le fabbriche che li producono, per altro d’estate, non sono infinite. Si è richiesto il possibile, e si sta continuando a richiederli. Ma qui sorge un altro problema, proprio perché la realtà è più complessa: chi li guida? Per guidarli servono soggetti titolari di patenti diverse da quelle di chi guida semplici automobili. E anche se proponessimo concorsi speciali per autisti (che tra l’altro poi andrebbero formati), cosa che è stato fatto, non ci sono le masse di personale pronto, in un periodo come questo, a lanciarsi a guidare per ore degli autobus. Molti lavoratori fragili hanno deciso di rinunciare quest’anno, giustamente.

Sarebbero tanti i temi da trattare. E bisognerebbe farlo con coscienza di quello di cui si sta parlando. La coscienza sarebbe il minimo perché è consapevolezza delle complessità e difficoltà. La conoscenza invece purtroppo è viziata da tanti organi di informazione che raccontano le difficoltà in maniera semplice, perché più comunicabili e vendibili ad un pubblico ampio che più che cercare soluzioni cerca motivi per scagliarsi contro qualcuno nonostante le scelte siano prese a più livelli con maggioranza politiche diverse, tecnici, settori non pubblici che partecipano quotidianamente ai tavoli di lavoro e hanno voce in capitolo.

Si può sempre fare meglio, ma per fare meglio bisogna conoscere la reale situazione, che muta di giorno in giorno, e tutte le strade percorse o scartate. Confrontarle con l’estero. Capire che se la situazione è difficile ovunque, forse non è che qui si possa commentare con “piove, governo ladro” o, dall’altro canto, dare la colpa ai giovani, alla movida, o ai cittadini che si sono comportati male. Questo sempre se vogliamo affrontare il tutto seriamente. Se vogliamo buttarla in caciara, apriamo pure le gabbie, ma dubito che risolveremo qualcosa.

LASCIA UN COMMENTO

Your email address will not be published.

NAGORNO KARABAKH: Cosa sta succedendo?

PILLOLE DI BEHAVIOURAL ECONOMICS (PARTE SECONDA)