Mario Draghi è il nuovo Presidente del Consiglio. Dopo le dimissioni dell’ex Premier Giuseppe Conte e di una crisi di Governo durata fin troppo, Sergio Mattarella ha deciso di regalare all’Italia – Paese sull’orlo del baratro – un’occasione imperdibile per provare a rialzarsi. Dopo delle lunghe e anche un po’ inusuali consultazioni (penso al coinvolgimento delle parti sociali), Mario Draghi si è recato alle Camere per chiedere la fiducia da porre all’Esecutivo da lui presieduto, con esito positivo. Il discorso del nuovo Presidente del Consiglio è stato tanto rivoluzionario quanto impareggiabile se confrontato con i suoi predecessori: in questo articolo cercherò di spiegarvi perché il discorso Mario Draghi è una speranza per il Paese.

IL DISCORSO DI MARIO DRAGHI AL SENATO
Il discorso di Mario Draghi inizia con un pensiero nei confronti di chi vive una difficile situazione economica per colpa della crisi causata dalla pandemia. Il Presidente ha posto l’accento sul fatto che lavorerà affinché si possa tornare a vivere come prima, riavendo indietro diritti e occupazione. Fondamentale di questo inizio discorso è l’ultima frase: “Ci impegniamo a informare i cittadini di con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole.”. Se queste parole fossero mantenute si registrerebbe un cambio di marcia rispetto all’Esecutivo precedente, dove i cittadini venivano informati più dalle fughe “casuali” delle bozze dei DPCM che dalle parole dell’ex Premier.
Prima di passare alla descrizione dello stato del Paese dopo (e, purtroppo, durante) la pandemia Mario Draghi ha voluto rispondere a una delle domande più frequenti nel mondo giornalistico delle ultime due settimane: sarà un Governo tecnico? Tecnico-politico? Tutte definizioni che sembrano non interessare molto al premier: sarà il “Governo del Paese”, dove va riconosciuto alla politica l’aver fatto un passo indietro rispetto ai propri interessi e spesso anche rispetto alla parola data agli elettori. Ecco, forse questa è una visione un po’ troppo romantica dei fatti: a parer mio, l’appoggio dei principali partiti non deriva dalla reale volontà di salvare il Paese, ma piuttosto da motivazioni elettorali (Lega e Forza Italia) e dal terrore delle elezioni (MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico).
Inoltre, Draghi compie un passaggio fondamentale nel suo discorso che segna una rottura completa con i Governi precedenti: “Spesso mi sono chiesto se noi, e mi riferisco prima di tutto alla mia generazione, abbiamo fatto e stiamo facendo per loro tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi, sacrificandosi oltre misura. È una domanda che ci dobbiamo porre quando non facciamo tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l’università e la cultura. Una domanda alla quale dobbiamo dare risposte concrete e urgenti quando deludiamo i nostri giovani costringendoli ad emigrare da un paese che troppo spesso non sa valutare il merito e non ha ancora realizzato una effettiva parità di genere. Una domanda che non possiamo eludere quando aumentiamo il nostro debito pubblico senza aver speso e investito al meglio risorse che sono sempre scarse. Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti.”. Intorno a questo punto ruota il programma di Mario Draghi e racchiude talmente tanti aspetti da rendere necessario un articolo dedicato per una completa analisi. Personalmente, mi limito a sottolineare quelle che sono le indicazioni principali.

È ormai chiaro che in questo Paese il patto intergenerazionale è venuto a mancare; lo si può notare soprattutto nel sistema previdenziale, ma non solo: scuola, cultura e formazione presentano i medesimi problemi. Mario Draghi riconosce questo problema e si prende l’onere del cambio di rotta. Nell’ultima parte di questo passaggio si fa riferimento al debito “buono” e al debito “cattivo”, riprendendo in parte il suo discorso al Meeting di Rimini del 18 agosto 2020. Sottolineare che le risorse sono sempre scarse e che ogni euro sprecato viene sottratto alle generazioni future è un cambio di passo rispetto alle “bizzarre” teorie economiche che ultimamente vengono proposte nel dibattito pubblico e da consiglieri economici dell’ex Premier, ed è in piena linea con il voler recuperare il patto intergenerazionale in Italia.
La vocazione sovranista e no-Euro di Lega e MoVimento 5 Stelle non è certo una novità, quindi il Presidente del Consiglio non poteva esimersi dal precisare la posizione del suo Esecutivo nei confronti degli organismi sovranazionali e monetari di cui facciamo parte. “Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione. […] Dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea. Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine.”. L’irreversibilità dell’Euro è ormai un’idea consolidata, specie se derivante dalle parole di Mario Draghi, che nel ruolo di Presidente della Banca Centrale Europea ha spesso sottolineato questo punto. Meno scontato è stato il riferimento al sovranismo; ritengo che l’argomento sia stato affrontato in maniera impeccabile, sottolineando come l’Italia abbia bisogno dell’Unione Europea per realizzare quello che è anche il “sogno” dei sovranisti stessi: un bilancio europeo comune per affrontare i periodi di recessione.
LA RIPARTENZA: PIANO VACCINALE E CULTURA
Il piano vaccinale è la prima arma a disposizione che abbiamo per porre fine alla crisi pandemica, sia sanitaria che economica. Abbiamo avuto la fortuna di vedere il mondo scientifico e farmaceutico far miracoli fornendo vaccini affidabili in tempi record, ma ci sono stati intoppi (sia a livello europeo che nazionale) per quanto riguarda l’approvvigionamento e la distribuzione. A tal proposito, Mario Draghi ha accantonato la possibilità di costruire nuovi centri per la somministrazione dei vaccini (i famosi padiglioni-primula di Domenico Arcuri) spiegando che per accelerare i tempi – e non sprecare risorse – bisogna utilizzare le strutture pubbliche e private che già oggi sono disponibili per l’utilizzo: “Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti: abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private.”. Credo che sia ormai abbastanza scontato che Domenico Arcuri non sarà più a capo della gestione del piano vaccinale, salvo che il Commissario non assuma il compito di coordinare le interazioni tra Protezione Civile e Forze Armate (credo comunque che ciò sia abbastanza improbabile) che verosimilmente assumeranno la gestione del piano vaccinale.
Non si può pensare di uscire dalla crisi pandemica senza investire in capitale umano, quindi il nuovo Esecutivo dovrà giocare una partita molto complessa sul tema della scuola. Riformare l’istruzione è molto difficile per due principali motivi: la complessità del sistema scolastico e le forti resistenze delle parti sociali interessate. Auspico un passo indietro dei sindacati in questa fase, lasciando un ampio spazio di manovra su questioni che necessitano di una svolta epocale. In particolare, Draghi vorrebbe recuperare le ore “perse” con la Didattica a Distanza (una doverosa precisazione: sono noti a tutti gli sforzi che studenti e professori – quantomeno quelli che hanno dato il 100% in questa difficile fase – hanno dispensato durante la pandemia, ma bisogna ricordare che non tutti hanno avuto la possibilità di usufruire della Didattica a Distanza nella stessa maniera) e garantire un rientro a tempo pieno nelle scuole: “[…] non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno […]. Occorre […] allineare il calendario scolastico alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta dall’inizio della pandemia. Il ritorno a scuola deve avvenire in sicurezza.”.
Un ultimo aspetto fondamentale per la riforma della scuola è quello di rendere il sistema scolastico più “employment-friendly”. Da qualche anno ormai persiste un (a mio parere, inutile) dibattito sul tipo di formazione che deve ricevere uno studente. Alcuni sostengono che la scuola debba formare pensatori, alcuni lavoratori. Io credo che entrambe le cose siano cruciali. Non si può pensare di superare la crisi economica solamente attraverso la formazione di tecnici o umanisti. Entrambe le cose possono coesistere, non sono mutualmente esclusive. Tuttavia, il mercato del lavoro mostra una particolare domanda per diplomati qualificati con competenze STEM; a tal scopo, è necessario creare offerta di lavoro attraverso il potenziamento degli istituti tecnici: “È necessario investire nella formazione del personale docente per allineare l’offerta educativa alla domanda delle nuove generazioni. In questa prospettiva particolare attenzione va riservata agli ITIS (istituti tecnici). In Francia e in Germania, ad esempio, questi istituti sono un pilastro importante del sistema educativo. È stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell’area digitale e ambientale. Il Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza assegna 1,5 md agli ITIS, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. Senza innovare l’attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo che quelle risorse vengano sprecate.”.
RIPENSARE IL MERCATO DEL LAVORO: AMBIENTE E COMPETITIVITÀ
Mario Draghi ha evidenziato insistentemente il tema dell’ambiente, cruciale per uno sviluppo sostenibile nel prossimo futuro, riportando opportunità e minacce alle quali saremo sottoposti: “Proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale, richiede un approccio nuovo: digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori, biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra, sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l’ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane.”. La sfida principale è riuscire a imporre una linea che tuteli uno sviluppo senza adottare politiche coercitive: “La risposta della politica economica al cambiamento climatico e alla pandemia dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create. Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta.”.

Centrale nell’azione di Governo dovrà essere il tema del lavoro, una bomba a orologeria destinata a scoppiare quando il mercato del lavoro verrà tolto dal freezer dando la possibilità alle imprese di licenziare. Dalle parole di Mario Draghi si intuisce che farà il possibile per aiutare lavoratori e imprese, ma solamente in quei settori dove è strettamente necessario. È chiaro quindi che sarà il mercato a dover fare il suo corso nei settori meno tutelati, nella speranza che il Governo riesca a creare uno scenario dove la competizione non ha sostanziali frizioni come burocrazia, evasione fiscale ed eccessivo costo del lavoro.
PARITÀ DI GENERE E MEZZOGIORNO
Divario di genere presente nei tassi di occupazione, gap salariale e divario tra Nord e Sud sembrano essere problemi irrisolvibili in Italia. Le questioni sono complesse da un punto di vista sia culturale sia strutturale. Credo che Draghi abbia indicato – muovendosi in un campo minato – la miglior via per provare quantomeno ad alleviare questi problemi: “Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro. […]”. Per quanto riguarda il Mezzogiorno, invece, “Sviluppare la capacità di attrarre investimenti privati nazionali e internazionali è essenziale per generare reddito, creare lavoro, investire il declino demografico e lo spopolamento delle aree interne. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre creare un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite.”.
NEXT GENERATION EU
“Il Next generation EU prevede riforme.” è la frase d’esordio di Mario Draghi su un tema delicatissimo, ovvero quello della spesa dei 209 miliardi che l’Unione Europea concederà all’Italia per ripartire (una parte a prestito, un’altra a fondo perduto). Da quanti anni nel dibattito pubblico sentiamo dire frasi del tipo “dobbiamo avviare una stagione di riforme”? E quante volte queste riforme sono state portate a termine? Direi che le risposte sono sotto gli occhi di tutti, e Draghi ha individuato uno dei principali problemi di queste riforme che si sono dimostrate inconcludenti: “Negli anni recenti i nostri tentativi di riformare il paese non sono stati del tutto assenti, ma i loro effetti concreti sono stati limitati. Il problema sta forse nel modo in cui spesso abbiamo disegnato le riforme: con interventi parziali dettati dall’urgenza del momento, senza una visione a tutto campo che richiede tempo e competenza. […] Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di pressione riescano a spingere il governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli.”. Credo che questo passaggio sia veramente cruciale, e negli anni abbiamo buttato all’aria riforme che avrebbero potuto dare una spinta al Paese.
Per fare un esempio, prederei la spending review di Cottarelli. Nel libro “La Lista della Spesa”, Carlo Cottarelli elenca tutte le misure che erano state previste, dicendosi però deluso dal fatto che pochissime di queste (con Enrico Letta, ma soprattutto con Matteo Renzi) erano state portate a termine. Anche qui, sebbene il piano di spending review fosse stato presentato integralmente, i provvedimenti vennero sempre presentati disaggregati e spesso modificati sostanzialmente. La vicenda si concluse con una brusca rottura tra Renzi e Cottarelli. Fu un’occasione sprecata, ma evidentemente le pressioni di gruppi specifici erano troppo pesanti anche per un premier con l’animo riformista (apparentemente) come Matteo Renzi.

Il Presidente del Consiglio ha, inoltre, specificato che “Le Missioni del Programma potranno essere rimodulate e riaccorpate, ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente, ovvero l’innovazione, la digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l’equità sociale, di genere, generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva.”. Fisco e pubblica amministrazione saranno oggetto di riforma e, a quanto si intuisce, verranno affrontati con più serietà rispetto a quanto accaduto in passato.
I RAPPORTI INTERNAZIONALI
Il discorso di Mario Draghi si conclude con alcune precisazioni sui modelli culturali, strategici e di riferimento con cui l’Italia intende collaborare. Viene rimarcata più volte la vicinanza all’Europa e agli Stati Uniti: “Nei nostri rapporti internazionali questo governo sarà convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia: Unione europea, Alleanza Atlantica, Nazioni Unite”. Spesso l’ex Premier Giuseppe Conte è stato spesso accusato sia di prendere posizioni contraddittorie per quanto riguarda i rapporti internazionali, sia per non aver preso posizione sui recenti avvenimenti in Russia come il caso Naval’nyj. In questo il nuovo Presidente del Consiglio si è dimostrato più convinto e meno timoroso nei confronti delle opinioni dei partiti che compongono la sua maggioranza: “L’Italia si adopererà per alimentare meccanismi di dialogo con la Federazione Russa. Seguiamo con preoccupazione ciò che sta accadendo in questo e in altri paesi dove i diritti dei cittadini sono spesso violati. Seguiamo anche con preoccupazione l’aumento delle tensioni in Asia intorno alla Cina.”. Fortunatamente, Mario Draghi ha aperto in modo favorevole all’amministrazione Biden, lasciando intendere che ora sarà più facile avere un approccio collaborativo tra Unione Europea e Stati Uniti.
L’AMORE PER L’ITALIA
Questo discorso è un’ottima dichiarazione di intenti, al seguito della quale tutti si aspettano dei fatti. Credo che le sfide che Mario Draghi si è posto siano tanto coraggiose quanto difficili da realizzare, ma non saprei chi meglio di lui potrebbe affrontarle. Viviamo un momento particolarmente difficile, sia per la crisi pandemica sia per l’inevitabile (fino a un certo punto) limitazione dei diritti che tutti i cittadini stanno subendo. Il discorso di Mario Draghi, quanto meno per me, lascia una importante inizione di fiducia e speranza che fanno sembrare questo periodo meno pesante di quello che, in realtà, è. Confido sia nelle capacità governative di Mario Draghi, sia nella volontà del Parlamento – dopo anni di becera propaganda – di lasciare un segno positivo nel futuro dell’Italia. Per concludere questo articolo, mi limito a riportare la chiusura del discorso del Presidente del Consiglio al Senato: “Oggi, l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere. Ma è un dovere guidato da ciò che son certo ci unisce tutti: l’amore per l’Italia.”.
Alvise Pedrotti