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IL RICICLAGGIO MUSICALE: LA RIVOLUZIONE DEI SAMPLES

23 Luglio 2020

Siamo normalmente portati a pensare alla musica- e all’arte in generale- come ad una creazione unica ed irripetibile. Tralasciando la performance live, l’artista viene esaltato per la propria originalità e la capacità di generare dal nulla le melodie che popolano le sue produzioni. Il discorso cambia notevolmente se pensiamo ai samples.

Anzitutto, il sample, chiamato “campione” in italiano, significherebbe una piccola parte di un intero, che tuttavia riesce a mostrare le caratteristiche proprie dell’intero. Di qui il passo è breve per considerarlo un “esempio” e appunto, come fa comodo a noi, un “campione”. Nello stesso modo in cui esistono i campioni dei vari tipi di carta da parati o i campioni delle urine.

Musicalmente un sample è una sezione, di solito ridotta, di un brano- come può essere la linea ritmica di una batteria, o anche solo un urlo o un arpeggio. Sostanzialmente qualsiasi suono può essere un campione, e ogni brano mai composto può essere “campionato”.

Questa operazione solitamente consiste nel tagliare la traccia audio di nostro interesse (poniamo la linea di basso di Walk on the Wild Side) e lasciare che questa si ripeta in loop. Dopodiché, partendo da questo sample come base, possiamo integrare alla strumentale altri strumenti a nostro piacimento, campionati e non. Ricordiamo che la grande dicotomia che voglio sottolineare coinvolge proprio i suoni “creati”- suonati al momento e registrati- e i suoni “riciclati”, cioè campionati. Il risultato che potremmo ottenere è una canzone che inevitabilmente richiama il suo campione, ma lo ripropone in una modalità nuova, lo riveste di una nuova luce. L’esempio di Lou Reed non è casuale, anzi proprio dal campione citato prende origine il brano dei A Tribe Called Quest Can I kick it?, che vi invito ad ascoltare per capire il senso del confronto.

Campionando un suono si riesce a sdoppiare quella singola linea di basso. A tal proposito parlo di “riciclaggio musicale”, poiché metaforicamente è ciò che accade: si dona nuova vita a un suono che già ne ha avuta una. Si sta parlando di un atto artistico totalmente diverso rispetto a quello della cover, ossia la reinterpretazione del brano di un altro artista. Qui non si tratta di imitazione, ma di creazione a partire da una base già esistente.

Bisogna poi precisare l’ambiente musicale in cui si sviluppa maggiormente questa pratica, ossia parliamo dell’hip hop (americano prima di tutti gli altri). Stiamo parlando di una cultura musicale che nasce dalle radici della black music appartenenti soprattutto al jazz e al funk, e successivamente cresce negli ambienti urbani e nelle sue problematiche. Non stupisce che l’hip hop- quello propriamente tale e già distaccato dalla disco dance degli anni ’80- nasca nei quartieri più duri e più poveri delle grandi città (pensiamo ad Harlem, a Compton e al Bronx).

In situazioni di questo tipo la musica si riveste di tematiche sociali e politiche importanti. Genericamente dico che parla di ciò che le succede attorno e lo racconta. è una musica che fagocita avvenimenti, sentimenti ed emozioni che vengono messe su di una strumentale. La stessa cosa accade con i campioni, la scoperta di un sample è come la notizia di un omicidio. Si tratta cioè di una scoperta che colpisce e che si vuole dichiarare. La musica hip hop si nutre degli eventi che si vivono e delle sonorità che si sentono.

C’è un altro aspetto da sottolineare, ossia il confronto con i grandi del passato. Questa “rivisitazione”, potremmo dire, degli stili musicali più popolari dell’America nera (che già parlavano delle tematiche prima descritte), può rappresentare un tentativo di appropriarsi culturalmente di un patrimonio artistico che già apparteneva a tutta la black culture. Certamente questo patrimonio è stato rivisitato e calato nell’ambiente urbano, con lo stile e il linguaggio adatto al contesto.

È paradigmatico osservare come l’artista più campionato sia James Brown, definito addirittura il padrino dell’hip hop (ovviamente non esiste una classifica attendibile, ma è senza dubbio tra “i più campionati”). Con il suo canto, fatto non solo di una tecnica celestiale, ma anche di grandi cambi di ritmo e di momenti anche parlati, The Godfather ha rappresentato sia una fonte di ispirazione incredibile- ugualmente per rapper e produttori- sia una sorta di precursore musicale.

A questo punto possiamo concludere dicendo che la scoperta dei samples è stata una vera e propria rivoluzione musicale. Da quel momento la musica ha smesso di essere un patrimonio privato dell’artista e ha smesso di sottostare al dominio della tecnica. Con un campionatore ci si può appropriare della musica di James Brown, che non sappiamo riprodurre. Possiamo prenderla in prestito e renderla un nostro prodotto artistico, completamente nuovo rispetto alla traccia da cui abbiamo estrapolato il campione. Non parliamo di imitazione di un modello, né di riproduzione, ma di creazione, su una traccia già esistente.

Con i campioni l’America ha costruito un nuovo linguaggio artistico e una nuova espressione culturale, tenuta sulle spalle dei giganti, che mai l’hanno abbandonata, ma l’hanno lasciata camminare da sola, per tessere nuove canzoni e nuovi significati. Mi spingo ancora oltre e dico che i samples riassumono il prodigio artistico nel suo complesso: appropriarsi del passato ma renderlo futuro.

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