Alessio Festa/Unsplash

L’ODIO DI ROONEY

6 Novembre 2020

Wayne Rooney è, ad oggi, il principale marcatore nella storia del Manchester United e della Nazionale inglese. La sua carriera però nasce, si sviluppa e si consuma su un sentimento: non l’amore, bensì l’odio. Se a Rooney si chiedesse “Quale squadra tifi?” lui risponderebbe “Chiunque giochi contro il Liverpool.”

Ad oggi ricordiamo Rooney forse meno di quanto le statistiche del giocatore meriterebbero. Spesso anzi mi stupisce che molti considerino l’ultimo “WonderKid” inglese quel Michael Owen ben distante da ciò che Rooney ha collezionato nella sua carriera.

Clamoroso come alcune testate giornalistiche non lo citino nemmeno nella top 10 dei giocatori più importanti nella storia dello United e della Nazionale nonostante le cifre citate sopra. E allora come mai nessuno riconosce in lui uno dei giocatori più rappresentativi d’ Inghilterra?

Parto dalla risposta per poi andare a ritroso. Rooney non è mai riuscito a farsi amare. Carattere difficilissimo quello di Wayne, ovunque va segna, ma finisce prima o poi con entrare in conflitto con i tifosi e l’ambiente. Per essere amato un giocatore deve incarnare determinati valori della squadra in cui gioca: ecco, lui non lo farà mai. Lui ha i suoi principi, anzi, il suo principio: ODIO IL LIVERPOOL.

L’ambiente dove nasce fa tutto, già incanala la sua carriera. 24 ottobre 1985, in un sobborgo di Liverpool (Croxteth) nasce dalla classica famiglia della working class Wayne Rooney. Straordinario come, ai tempi, Liverpool fosse proprio divisa in base ai ceti per quanto riguarda il tifo: i cittadini più abbienti erano per i Reds, negli ambienti più difficili si tifava Everton invece. Quegli anni sono terribili per i supporters dell’Everton, i rivali del Liverpool vincono ovunque: Europa e Inghilterra. Agli altri rimangono le briciole.

Per i veri tifosi inglesi il calcio è un concetto molto più profondo che in Italia, potete quindi immaginare questo povero bambino nato in un ambiente già di per sè povero ed oltretutto frustrato per i continuo trionfi degli avversari. I genitori lo crescono ad acqua, pane ed Everton, tanto da fargli rifiutare, in giovanissima età, un contratto da parte del Liverpool. Sì, fin dai primi passi sui campi di periferia si capisce che il ragazzo ha un talento “lontano” dagli standard dei suoi coetanei.

Ma lui non può accettare quell’offerta e la famiglia, nonostante il contratto avrebbe permesso tutt’altro sostentamento, lo appoggia in questa scelta. D’altronde il talento non scappa, prima o poi l’Everton lo vedrà e lo prenderà. E così successe.

Sembra una storia d’amore già scritta, a 16 anni esordì con la sua squadra del cuore. Subito beniamino, subito coccolato in quel Goodison Park che per due anni lo tratta come un figlio. “Roonaldo”, così venne chiamato ed effettivamente le qualità sono quelle: baricentro basso, velocità, dribbling ed ottimo tiro. La sponda blu del Merseyside è innamorata e lui sembra ricambiare con la celebre maglia “Once a blue always a blue”.

Già, sembra. Sembra una storia d’amore. La realtà è che l’Everton è una squadra con limiti economici e tecnici evidenti: troppo piccola per competere con il Liverpool. Rooney non può pensare di sconfiggere gli odiati Reds in una squadra sempre inferiore. Così, dopo due anni, a malincuore decide di dedicare la sua carriera all’odio per i cugini. Firma con il Manchester United.

Ecco se c’è una squadra che storicamente è odiata dall’Everton quasi quanto il Liverpool è proprio lo United: città troppo vicine per essere amiche ed oltretutto acerrime rivali “economiche” post seconda rivoluzione industriale. Insomma, non solo rivalità di campo, ma anche storica. Risulta quindi imperdonabile il tradimento del giovane Wayne ed i toffees (tifosi dell’Everton) non glielo fanno dimenticare ogni volta che ne hanno l’occasione.

Rooney soffre, vede la gente che fino a poco prima lo idolatrava trattarlo come un Giuda, un traditore. Ma il suo obiettivo ultimo è più complesso e per raggiungerlo è disposto a farsi odiare anche dai suoi cari (si dice che suo padre non gli rivolse la parola per due anni dopo la scelta di firmare per lo United). I Red Devils di Sir Ferguson in quegli anni sono una corazzata: Rooney, Cristiano Ronaldo, Giggs, Scholes, insomma una miriade di campioni che porta il piccolo Wayne a vincere qualsiasi competizione, pure la Champions League nel 2008. Per 10 anni di fila riuscì ad andare sempre in doppia cifra realizzativa nella sola Premier League.

Ecco, in una squadra così forte può controllare meglio gli avversari di sempre. Quando però il sentimento che ti lega ad una squadra non è l’amore per essa è difficile che scatti la scintilla. I tifosi dei Red Devils non riuscirono mai a ritrovarsi nelle gesta e negli atteggiamenti di Rooney, indicandolo quindi sempre come un “ottimo giocatore ma professionista discutibile”. Nelle interviste infatti Wayne non rinnegò mai la sua fede “blu”. Inoltre dal 2011 (dopo le partenze ed i ritiri dei suoi compagni storici) Rooney lamentò sempre una certa sofferenza nel rimanere all’Old Trafford, dimostrando così una mancanza di attaccamento alla maglia.

Nonostante ciò il suo rendimento continuò ad essere importante e nel 2016 raggiunse due risultati: superò Bobby Charlton come miglior realizzatore nella storia dello United e divenne capitano dei Red Devils. Questa scelta costò carissimo al mister Van Gaal che non riuscì mai ad empatizzare con una tifoseria delusa dalla sua decisione.

Rooney dopo quell’anno capì che gli estremi per rimanere non c’erano più e decise, come nei più classici dei romanzi, di ritornare all’Everton per chiudere la carriera. L’accoglienza fredda che gli fu dedicata da parte dei suoi tifosi non permise a Wayne di rinnovare il proprio contratto ancora. Così si lanciò oltreoceano al D.C. United salvo poi tornare due anni dopo al Derby County dove ora è giocatore e collaboratore.

Rooney chiuderà quindi la sua carriera calcistica lontano da ambienti a lui calorosi. Anche perchè ambienti accoglienti per il ragazzo di Croxteth non ce ne sono mai stati, come già detto. Odiato dai suoi simili, odiato dai suoi avversari. Tutto questo solo per impedire al Liverpool di vincere.

Calcolando che i Reds riusciranno a riconquistare la Premier League solo nel 2020 (dopo trent’anni dall’ultima volta), direi che Wayne nel suo intento ci è anche riuscito. Ma ne sarà valsa la pena?

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